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Topic: Sentenza giudice di pace Frosinone - DPCM incostituzionale (Read 259 times)

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Altro caso:

https://www.repubblica.it/economia/2021/03/11/news/coronavirus_escono_di_casa_con_l_autocertificazione_falsa_il_giudice_non_e_reato_-291764158/?ref=RHTP-BH-I288512892-P1-S8-T1

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ROMA - Nel pieno della prima ondata della pandemia, a dispetto dei rigidi divieti governativi, un uomo e una donna di Correggio (Reggio Emilia) escono di casa. E' il 13 marzo del 2020. E quando i Carabinieri li fermano, i due presentano una autocertificazione fasulla. C'è scritto che sono usciti perché la donna deve fare delle analisi e vuole essere accompagnata, ma non è così.

I Carabinieri accertano che la donna non ha fatto tappa in ospedale, quel giorno, come ha giurato ai militari. A quel punto la coppia viene denunciata e finisce sotto processo. Pochi giorni fa, a gennaio del 2021, il Tribunale di Reggio Emilia li ha assolti entrambi "perché il fatto non costituisce reato".

Non solo. Il giudice di Reggio Emilia sancisce anche l'illegittimità del DPCM dell'8 marzo del 2020 che autorizzava le persone a uscire di casa solo "per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, spostamenti per motivi di salute". Ne scrive oggi il sito Cassazione.net.

Spiega il giudice di Reggio Emilia che il DPCM non può imporre l'obbligo di permanenza domiciliare, neanche in presenza di un'emergenza sanitaria. L'obbligo di permanenza domiciliare è - viceversa - una sazione penale che può essere decisa dal magistrato per singole persone "per alcuni reati, e soltanto all'esito del giudizio".
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Le sentenze dei giudici di pace lasciano il tempo che trovano, specie quando vanno ad emettere sentenze in ambiti non prettamente di loro competenza: se parliamodi libertà personali, a quel punto come minimo si entra nell'ambito del diritto penale...
Quindi io continuerei con il buon senso , rispettando le regole e tenendo duro.



Rispondo solo ora, effettivamente mi sono confrontato con altre persone che mi hanno confermato lo scarso valore delle sentenze del GDP. Peccato perché alcune limitazioni (tipo i giri all'aria aperta anche distanti da casa) sono molto discutibili.
sr. member
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Le sentenze dei giudici di pace lasciano il tempo che trovano, specie quando vanno ad emettere sentenze in ambiti non prettamente di loro competenza: se parliamodi libertà personali, a quel punto come minimo si entra nell'ambito del diritto penale...
Quindi io continuerei con il buon senso , rispettando le regole e tenendo duro.
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Del 29 di Luglio, quindi anche abbastanza vecchiotta. Sto pensando: se ne faccio una stampata e all'occorrenza la mostro alle forze dell'ordine, posso smettere di sentirmi ai domiciliari?

Sottolineo che non vado in giro a fare assembramenti, non entro nemmeno nei negozi perché faccio la spesa online, semplicemente la uso per es. per andare nella seconda casa o tutto quello che si potrebbe fare in uno stato libero, con le dovute cautele visto il virus.

https://www.laleggepertutti.it/420694_dpcm-incostituzionali-secondo-il-giudice

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Giudice di Pace di Frosinone, sentenza 15 – 29 luglio 2020, n. 516
Avvocato Manganiello
Svolgimento del processo
Con ricorso tempestivamente depositato e successivamente notificato il ricorrente si opponeva
all’atto di cui all’oggetto, con il quale ha ricevuto la contestazione della violazione del divieto di
spostarsi in conseguenza della emergenza sanitaria ai sensi del DPCM non specificato.
L’Ente opposto non si costituiva e la causa veniva decisa come da separato dispositivo, letto in
udienza.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.
A) SULLA ILLEGITTIMITA’ DELLA DICHIARAZIONE DELLO STATO DI EMERGENZA
PER VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 95 E 78 COST. E DEI CONSEGUENTI DPCM.
Con deliberazione del 31.1.2020 il Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, pubblicata in
G.U. Serie generale n. 26 del 1.2.2020, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale in
conseguenza del rischio sanitario derivante da agenti virali trasmissibili “ai sensi e per gli effetti di
cui all’articolo 7, comma 1, lettera c) e dell’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio
2018, n. 1, è dichiarato per sei mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in
conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali
trasmissibili; 2) per l’attuazione degli interventi di cui all’articolo 25, comma 2, lettre a) e b) …”.
Se si esamina la fattispecie richiamata dalla deliberazione sopra citata si potrà notare che non si
rinviene alcun riferimento a situazioni di “rischio sanitario” da, addirittura, “agenti virali”.
Infatti, l’articolo 7, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 1/18 stabilisce che “gli eventi emergenziali di
protezione civile si distinguono: … c) emergenze di rilievo nazionale connessi con eventi calamitosi
di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo”. Sono le calamità naturali, cioè terremoti;
valanghe; alluvioni, incendi ed altri; oppure derivanti dall’attività dell’uomo, cioè sversamenti,
attività umane inquinanti ed altri. Ma nulla delle fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c),
del D.Lgs. n. 1/18 è riconducibile al “rischi sanitario”. A ciò è doveroso aggiungere che i nostri
Padri Costituenti hanno previsto nella Costituzione della Repubblica una sola ipotesi di fattispecie
attributiva al Governo di poteri normativi peculiari ed è quella prevista e regolata dall’articolo 78 e
dall’articolo 87 relativa alla dichiarazione dello stato di guerra. Non vi è nella Costituzione italiana
alcun riferimento ad ipotesi di dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario e come
visto neppure nel D.Lgs. n. 1/18. In conseguenza, la dichiarazione adottata dal Consiglio dei
Ministri il 31.1.2020 è illegittima, perché emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto
nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere al Consiglio dei
Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. Pertanto, poiché gli atti
amministrativi, compresi quelli di Alta Amministrazione, come lo stato di emergenza sono soggetti
al principio di legalità, la delibera del C.d.M. del 31.1.2020 è illegittima perché emessa in assenza
dei relativi poteri da parte del C.d.M. in violazione degli 95 e 78 che non prevedono il potere del
C.d.M. della Repubblica Italiana di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria/Da ciò consegue la
illegittimità di tutti gli atti amministrativi conseguenti, come il DPCM invocato dal verbale qui
opposto, con conseguente dovere del Giudice di pace, quale Giudice ordinario, di disapplicare la
dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria ed il DPCM attuativo ai sensi dell’art. 5 della legge
n. 2248 del 1865 All. E.
2. Inoltre, deve ritenersi condivisibile autorevole dottrina costituzionale (S. Cassese) secondo cui la
previsione di norme generali e astratte, peraltro limitative di fondamentali diritti costituzionali,
mediante Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sia contraria alla Costituzione. In
particolare, non appare meritevole di accoglimento la tesi di chi invoca la legittimità di tali
previsioni in virtù del rinvio a tali atti amministrativi, i DPCM, da parte di decreti-legge, che
avendo natura di atti aventi forza di legge equiparerebbero alla fonte legislativa i DPCM evitandone
in tal guisa la loro nullità e la conseguente disapplicazione da parte del Giudice Ordinario. Ed in
effetti, l’ultimo DPCM emanato il 26.4.2020, deriverebbe la sua efficacia dal Decreto-legge n. 19,
del 25.3.2020, così come gli atti amministrativi della Regione Lazio. Tale tesi, peraltro, è
inapplicabile al DPCM oggetto del caso qui giudicato, essendo antecedente al 26.4.2020. In ogni
caso, la funzione legislativa delegata è disciplinata dall’articolo 76 Cost., il quale, nel prevedere
“l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi ” impedisce, anche alla legge di conversione di decreti
legge la possibilità di delegare la funzione di porre norme generali astratte ad altri organi diversi dal
Governo, inteso nella sua composizione collegiale, e quindi con divieto per il solo Presidente del
Consiglio dei Ministri di emanare legittimamente norme equiparate a quelle emanate in atti aventi
forza di legge. In conclusione, solo un decreto legislativo, emanato in stretta osservanza di una
legge delega, può contenere norme aventi forza di legge, ma giammai un atto amministrativo, come
le Ordinanze sindacali o regionali od il DPCM, ancorché emanati sulla base di una delega concessa
da un decreto-legge tempestivamente convertito in legge. Da ciò discende la illegittimità delle
disposizioni del DPCM del 26.4.2020, in G.U del 27.4.2020, n. 108.
B) SULLA ILLEGITTIMITA’ DEL DPCM PER VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 13 COST.
In ogni caso, in via assorbente, deve rilevarsi la indiscutibile illegittimità del DPCM del 9.3.2020,
invocato dal verbale opposto, ove prevede che “1. Allo scopo di contrastare e contenere il
diffondersi del virus COVID-19 le misure di cui all’art. 1 del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 8 marzo 2020 sono estese all’intero territorio nazionale”, e del rinviato DPCM del
8.3.2020, ove stabilisce che “Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio nella regione
Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e
Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
1. Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus” COVID-19 nella regione
Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e
Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia,
sono adottate le seguenti misure:
a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente
articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da
comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute”.
Tale disposizione, stabilendo un divieto generale ed assoluto di spostamento al di fuori della propria
abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza
domiciliare. Tuttavia, nel nostro ordinamento giuridico penalistico, l’obbligo di permanenza
domiciliare è già noto e consiste in una sanzione penale restrittiva della libertà personale che viene
irrogata dal Giudice di pace penale per alcuni reati. Sicuramente nella giurisprudenza è indiscusso
che l’obbligo di permanenza domiciliare costituisca una misura restrittiva della libertà personale.
Peraltro, la Corte Costituzionale ha ritenuto configurante una misura restrittiva della libertà
personale ben più lievi dell’obbligo di permanenza domiciliare come ad esempio, il “prelievo
ematico” (Sentenza n. 238 del 1996). Anche l’accompagnamento coattivo alla frontiera dello
straniero è stata ritenuta misura restrittiva della libertà personale e dichiarazione d’illegittimità
costituzionale della disciplina legislativa che non prevedeva il controllo del Giudice ordinario sulla
misura poi introdotto dal legislatore in esecuzione della decisione della Corte costituzionale: Infatti,
l’art. 13 Cost., stabilisce che le misure restrittive della personale possono essere adottate solo su
motivato atto dell’autorità giudiziaria. Pertanto, neppure una legge potrebbe prevedere nel nostro
ordinamento l’obbligo della permanenza domiciliare, direttamente irrogato a tutti i cittadini dal
legislatore, anziché dall’autorità giudiziaria con atto motivato, senza violare il ricordato art. 13
Cost. Peraltro, nella fattispecie, poiché trattasi di DPCM, cioè di un atto amministrativo, questo
Giudice non deve rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, ma
deve procedere al disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo per violazione di legge.
Infine, non può neppure condividersi l’estremo tentativo dei sostenitori, ad ogni costo, della
conformità a costituzione dell’obbligo di permanenza domiciliare sulla base della considerazione
che il DPCM sarebbe conforme a Costituzione, in quanto prevederebbe delle legittime limitazioni
della libertà di circolazione ex art. 16 Cost. e non della libertà personale. Infatti, come ha chiarito la
Corte Costituzionale la libertà di circolazione riguarda i limiti di accesso a determinati luoghi, come
ad esempio, l’affermato divieto di accedere ad alcune zone, circoscritte che sarebbero infette, ma
giammai può comportare un obbligo di permanenza domiciliare (Corte Cost., n. 68 del 1964). In
sostanza la libertà di circolazione non può essere confusa con la libertà personale: i liniti della
libertà di circolazione attengono a luoghi specifici il cui accesso può essere precluso, perché ad
esempio pericolosi; quando invece il divieto di spostamento non riguarda i luoghi, ma le persone
allora la limitazione si configura come limitazione della libertà personale. Certamente quando il
divieto di spostamento è assoluto, come nella specie, in cui si prevede che il cittadino non può
recarsi in nessun luogo al di fuori della propria abitazione è indiscutibile che si versi in chiara e
illegittima limitazione della libertà personale, perché, nell’ordinamento giuridico italiano, l’ordine
di rimanere nella propria abitazione non può essere imposto dal legislatore, ma solo dall’Autorità
giudiziaria con atto motivato. Del resto, tali illegittime misure di sanità pubblica sono state recepite
dal DPCM sul modello di quelle adottate in Stati non democratici, come la Cina, che hanno un
ordinamento costituzionale autoritario giuridicamente incompatibile con il nostro ordinamento
costituzionale, fondate”
su garanzie individuali inviolabili, ignote agli ordinamenti autoritari ed agli esperti sanitari di quei
paese e del nostro, in quanto non competenti in diritto costituzionale.
In conclusione deve affermarsi la illegittimità del DPCM invocato dal verbale qui opposto per
violazione dell’art. 13 Cost., con conseguente dovere del Giudice di pace, quale Giudice ordinario,
di disapplicare tale DPCM ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 All. E.
La novità della controversia e la mancata costituzione dell’Ente opposto giustificano la
compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Giudice di pace,
visto l’art. 23 della L. 689/1981, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione
reietta, disattesa o assorbita, così provvede:
accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto opposto con compensazione delle spese
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