INTERNAZIONALE 9/15 gennaio 2015 • Numero 1084
Economia e lavoro"Bitcoin riparte da Bali"
Sull’isola indonesiana si accettano pagamenti con la moneta digitale. Gli scandali recenti e i dubbi sulla sicurezza non hanno fermato il progetto di una valuta alternativaAll’inizio di dicembre un mio
amico di nome Mats che lavora
per una banca svizzera è partito
per una vacanza a Bali, in Indonesia.
Sperando di lasciarsi alle spalle la inanza
per un po’ di tempo, ha prenotato una
stanza in un albergo di Ubud, una remota
località turistica famosa per i suoi centri yoga.
Ma quando è arrivato nel suo idillio tropicale,
Mats è rimasto sconvolto: in quel
luogo apparentemente fuori del mondo è in
corso un singolare esperimento monetario.
Nell’ultimo anno decine di commercianti
di Ubud hanno cominciato ad accettare pagamenti
in bitcoin, il sistema di cambio
elettronico che alcuni chiamano criptomoneta.
“Non ho mai visto niente del genere”,
ha commentato Mats. Per essere un hippy
nel 2014 non basta indossare un sarong e
fare yoga: uno dei modi più originali per diventare
alternativi è pagare il conto al bar in bitcoin.
È un segno afascinante dell’interconnessione
e delle potenzialità dell’economia
globale. La comparsa di una moneta alternativa,
e quasi sovversiva, non è una grande
novità. In fondo gli investitori comprano
oro da molti anni, anche perché non si idano
dei governi (o delle banche). Questa siducia
è aumentata rapidamente, e per questo
ora ci sono tanti lingotti d’oro conservati
nelle banche svizzere.
Ma quello che più colpisce di Bitcoin è
che porta la questione della iducia a un altro
livello. Invece di aidarsi agli stati e alle
banche come fondamento delle monete, gli
investitori stanno riponendo la loro iducia
in un complesso sistema di crittograia e
software gestito da una comunità di volontari
e utenti con interessi potenzialmente in
conlitto e diversi livelli di competenza e
impegno. Inoltre, quello che le persone comuni
sanno di Bitcoin è pari a quello che
sanno dei prodotti inanziari di Wall street o
dei bilanci delle banche centrali. A me queste
considerazioni fanno sembrare molto
più razionale riporre la propria iducia nei
lingotti d’oro.
Bitcoin è nato circa cinque anni fa, quando
un misterioso esperto informatico chiamato
Satoshi Nakamoto ha creato un sistema
di pagamento online basato su software
open source. Si tratta in sostanza di un meccanismo
di cambio peer to peer che usa il
bitcoin come unità di valore e che non necessita
di un amministratore o di un deposito
centralizzato, perché i pagamenti sono
annotati su un registro pubblico centrale
gestito dalla comunità.
Il lato positivo di Bitcoin è che quando lo
si usa non bisogna aidarsi a sistemi bancari
di pagamento costosi e lenti. Inoltre, il
valore di questi soldi non si annulla se un
governo decide di stampare più moneta,
anzi: il numero di bitcoin in circolazione
può aumentare solo a un ritmo issato di anno
in anno e nel 2140 la produzione totale
arriverà al suo tetto massimo di 21 milioni.
Ma in realtà è chiaro che anche il valore dei
bitcoin può subire luttuazioni incontrollate.
Negli ultimi due anni, per esempio, è
salito da 50 dollari per bitcoin nel 2012 a
1.150 dollari alla ine del 2013, prima di precipitare
a 400 dollari nel 2014, quando è
scoppiato uno scandalo sull’uso dei bitcoin
per il riciclaggio di denaro sporco. Ma
l’aspetto peggiore è che la rete Bitcoin può
funzionare solo se le persone hanno una iducia
incrollabile nei loro computer. Dopotutto,
il rischio di conservare il valore in un
registro elettronico è che il denaro potrebbe
scomparire se un hacker penetrasse nel sistema.
Un souvenir
A quanto pare, però, questi problemi non
stanno arrestando l’espansione di Bitcoin.
La Microsoft ha annunciato che comincerà
ad accettare i bitcoin per alcuni pagamenti
online. Anche gruppi come Dell, Expedia,
Zynga, Virgin Galactic, PayPal e Atomic
Mail hanno cominciato ad accettarli. Lo
stesso fanno Greenpeace e Wikimedia. Più
la rivoluzione di Bitcoin dilaga, più emergono
i pericoli e il potere dell’innovazione. Le
tecnologie informatiche che rendono il
mondo interconnesso ci hanno reso dipendenti
da collegamenti digitali potenzialmente
fragili, ma hanno anche rimpicciolito
il pianeta, ofrendoci più convenienza e
facendoci ripensare tutto da zero. È successo
perino a Mats, che in questo periodo dice
di nutrire una (sana) diffidenza verso
Bitcoin. Eppure ha comprato un portafoglio
di moneta digitale da riportare con sé in Europa,
come un souvenir che è il moderno
equivalente di un lingotto d’oro. ufp
Bitcoin riparte da Bali
Sull’isola indonesiana si
accettano pagamenti con la
moneta digitale. Gli scandali
recenti e i dubbi sulla sicurezza
non hanno fermato il progetto di
una valuta alternativa.
Gillian Tett, Financial Times, Regno Unito