Purtroppo secondo me ti stai fidando troppo delle conoscenze apprese all'università.
Io studio fisica teorica, ma who cares? ; )
L'inflazione è l'aumento di massa monetaria e la conseguente svalutazione del valore della moneta rispetto a tutti gli altri beni.
Un effetto dell'inflazione è l'aumento generalizzato dei prezzi.... ma questo non è ne immediato e nemmeno facilmente calcolabile.
Ovviamente la propaganda statalista ha interesse a farci credere il contrario.
Stai invertendo la definizione con il (presunto) effetto. L'inflazione
è l'aumento dei prezzi (la diminuzione del valore della valuta), basta leggere qualsiasi libro di economia per verificarlo; in ultima analisi basta googlare "inflazione".
Il fatto di identificarla "a priori" con l'aumento di massa monetaria potrebbe indicare un approccio ideologico, non essendo confermata (e neppure identificata quantitativamete; nella migliore delle ipotesi è oggetto di dibattito) una relazione diretta tra i due fenomeni.
Indicizzando ad esempio pensioni e salari con l'indice farlocco dell'istat puoi nella realtà diminuirli facendo fessi i sindacati (altro cancro della società)
Sono daccordo sulla prima parte ma rinnego fortemente il brano in parentesi: definire i sindacati un cancro della società, mi spiace, è un altro approccio ideologico.
Se non ci fosse stato l'euro l'italia avrebbe avuto inflazione reale a due cifre in tutti questi anni e probabilmente la nostra situazione sarebbe come quella dell'argentina con il debito in dafault.
E perchè? Su quali basi lo affermi? L'italia aveva la bilancia dei pagamenti fortemente in attivo prima di entrare nell'euro e il saldo primario (non mi ricordo se si chiama così la differenza tra entrate e uscite dello stato al netto degli interessi sul debito pubblico) è in attivo tutt'ora.
Io m'informerò meglio sulle dottrine austriache, ma ti esorto a osservare il problema con un occhio un po' più aperto.
Analizziamo la citazione:
La dottrina del compromesso si basa sulla presunta "curva di Phillips", una curva inventata molti anni fa dall'economista Britannico A.W. Phillips. Phillips correlò gli aumenti del saggio salariale con la disoccupazione, e sostenne che le due cose si muovono in modo inversamente proporzionale: più alto è l'aumento dei salari, più bassa sarà la disoccupazione. Superficialmente, questa è una dottrina particolare, dal momento che viola la logica della teoria del senso comune. La teoria ci dice che più alto è il saggio salariale, maggiore sarà la disoccupazione, e viceversa. Se ognuno domani andasse dal proprio datore di lavoro ed insisterebbe per farsi raddoppiare o triplicare il salario, molti di noi sarebbero subito senza lavoro. Eppure questo risultato bizzarro è stato accettato come un vangelo dall'establishment economica Keynesiana.
A parte l'uso sconsiderato dei congiuntivi, l'argomentazione è proprio campata in aria:
1) bassa disoccupazione ---> maggiore potere contrattuale dei lavoratori ---> maggiori salari
Questa è la vera catena di causa ed effetto, non viceversa come sostiene "johnnycloaca".
Chiaramente, poi, potremmo scegliere di diminuire i salari per aumentare l'occupazione, ma a chi interessa lavorare di più per guadagnare di meno?
E a chi conviene?
A me sembra un'argomentazione pretestuosa, tutta a favore del capitale (aumenta il grado di produttività del capitale) a scapito dei lavoratori, fatta passare come verità economica, tecnica, a cui non ci si può opporre.
Tra l'altro a chi si vendono i prodotti se i lavoratori non hanno i soldi per acquistarli? Ecco la bella spirale recessiva innescata dal brillante ragionamento di Friedman-johnnycloaca. L'unico sbocco è l'esportazione verso paesi ricchi... il modello cinese, polacco, messicano... e italiano nel futuro prossimo venturo.
E' esattamente quello che penso quando dico che da trent'anni a questa parte la dottrina neoliberista è vincente su tutti i fronti e ci sta rovinando.