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Topic: Vendere btc e incassare in Euro, banche che non danno problemi? (Read 469 times)

legendary
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Ah!! Ok così . Ma a volte mi sembra sempre
Di leggere di persone che incorrono nell incubo della tassazione ..

No, questo è peggio della tassazione.
Qui è un privato che decide di rescindere il suo contratto con te perché non vuole eseguire una tua disposizione.
Lo Stato non c'entra nulla, se non come "potenziale" fonte di sbattimenti e rotture per il suddetto privato (ed a cascata per te).
jr. member
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Ah!! Ok così . Ma a volte mi sembra sempre
Di leggere di persone che incorrono nell incubo della tassazione ..
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Ma perche Tutto sto casinò ? Non c'è quella legge per cui solo se movimenti più di 51k in un det arco temporale incorri in tassazione ? Non c'è una legge specifica sulle
Crypto . Infatti se ne sta discutendo ..

Un conto è la tassazione, un conto sono azioni discrezionali da parte di alcune banche.
Alcuni istitui difatti semplicemente bloccano/rifiutano bonifici da/per exchange.
Se non ti sta bene, cambi banca.
Assurdo, ma è così.
jr. member
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Ma perche Tutto sto casinò ? Non c'è quella legge per cui solo se movimenti più di 51k in un det arco temporale incorri in tassazione ? Non c'è una legge specifica sulle
Crypto . Infatti se ne sta discutendo ..
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Difficile essere scammati da privati che fanno l'exchanger come un vero e proprio "lavoretto", spesso hanno centinaia, migliaia di recensioni e operano in maniera abbastanza trasparente. Il problema potrebbe essere che questi soggetti si trovano in una posizione quantomeno "borderline", potrebbero essere sottoposti a controlli delle forze dell'ordine facilmente (perché magari hanno un controllo fiscale o semplicemente perché vengono tirati in causa in qualcosa di più grosso, e vi assicuro non è così difficile quando scambi centinaia / migliaia di btc). A ritroso potrebbero andare dai suoi clienti.

Togli il potrebbero, è pieno di ex-venditori che hanno subito quel tipo di controlli

Hai qualche esempio da riportare in proposito? Non sono così “anziano” da aver conosciuto l’ambiente quando si facevano scambi a mano, tipo @bitbollo credo, ma l’idea di incontrarmi con un altro utente per fare la stransazione a mano non mi lasci molto tranquillo. Preferisco il “rischio” di un ATM.


Ti scrivo in PM ma basta una ricerca per capire chi di quelli anziani non è più attivo
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Difficile essere scammati da privati che fanno l'exchanger come un vero e proprio "lavoretto", spesso hanno centinaia, migliaia di recensioni e operano in maniera abbastanza trasparente. Il problema potrebbe essere che questi soggetti si trovano in una posizione quantomeno "borderline", potrebbero essere sottoposti a controlli delle forze dell'ordine facilmente (perché magari hanno un controllo fiscale o semplicemente perché vengono tirati in causa in qualcosa di più grosso, e vi assicuro non è così difficile quando scambi centinaia / migliaia di btc). A ritroso potrebbero andare dai suoi clienti.

Togli il potrebbero, è pieno di ex-venditori che hanno subito quel tipo di controlli

Hai qualche esempio da riportare in proposito? Non sono così “anziano” da aver conosciuto l’ambiente quando si facevano scambi a mano, tipo @bitbollo credo, ma l’idea di incontrarmi con un altro utente per fare la stransazione a mano non mi lasci molto tranquillo. Preferisco il “rischio” di un ATM.
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Difficile essere scammati da privati che fanno l'exchanger come un vero e proprio "lavoretto", spesso hanno centinaia, migliaia di recensioni e operano in maniera abbastanza trasparente. Il problema potrebbe essere che questi soggetti si trovano in una posizione quantomeno "borderline", potrebbero essere sottoposti a controlli delle forze dell'ordine facilmente (perché magari hanno un controllo fiscale o semplicemente perché vengono tirati in causa in qualcosa di più grosso, e vi assicuro non è così difficile quando scambi centinaia / migliaia di btc). A ritroso potrebbero andare dai suoi clienti.

Togli il potrebbero, è pieno di ex-venditori che hanno subito quel tipo di controlli
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Infine giusto per implementare il valore della discussione, do per scontate che sappiate tutti come le transazioni tra privati che prevadano corresponisoni in denaro (quindi bitcoin contro euro) , anche per il tramite di canali specializzati (paxful, localbitcoin) siano assolutamente da evitare


per quale motivo?

Penso si riferisca al fatto che le transazioni peer to peer risultano spesso non sicure per una serie di motivi.

Difficile essere scammati da privati che fanno l'exchanger come un vero e proprio "lavoretto", spesso hanno centinaia, migliaia di recensioni e operano in maniera abbastanza trasparente. Il problema potrebbe essere che questi soggetti si trovano in una posizione quantomeno "borderline", potrebbero essere sottoposti a controlli delle forze dell'ordine facilmente (perché magari hanno un controllo fiscale o semplicemente perché vengono tirati in causa in qualcosa di più grosso, e vi assicuro non è così difficile quando scambi centinaia / migliaia di btc). A ritroso potrebbero andare dai suoi clienti.

Un'altra opzione potrebbe essere quella di affidarsi a un privato che scambia la criptovaluta in maniera non professionale (scambia quando ha btc / bisogno di btc). Qui il rischio di scam è altissimo, il rischio che ti stia pagando con una carta rubata o comunque che sia un'operazione illecita. Una soluzione potrebbe essere scambiarsi il contante... Ma anche qui devi stare attento con chi scambi.
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Infine giusto per implementare il valore della discussione, do per scontate che sappiate tutti come le transazioni tra privati che prevadano corresponisoni in denaro (quindi bitcoin contro euro) , anche per il tramite di canali specializzati (paxful, localbitcoin) siano assolutamente da evitare


per quale motivo?
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non è dimostrabile da dove vengono come ho gia detto, al massimo puoi presentare la transazione più vecchia che veniva da suddetto wallet ormai in disuso, perché appartenente ad un exchange scam di eoni fa...

non mi risulta ci siano modi per associare un dato indirizzo ad un exchange o ad una persona che mantiene la cosa nel privato...è questa la parte anonima del bitcoin

Dimostrare da dove vengono è impresa ardua. Il punto è che il coltello dalla parte del manico lo hanno sempre loro. Quindi se per caso si "mettono in testa qualcosa" poi dimostrare il contrario è dura.
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non è dimostrabile da dove vengono come ho gia detto, al massimo puoi presentare la transazione più vecchia che veniva da suddetto wallet ormai in disuso, perché appartenente ad un exchange scam di eoni fa...

non mi risulta ci siano modi per associare un dato indirizzo ad un exchange o ad una persona che mantiene la cosa nel privato...è questa la parte anonima del bitcoin
sr. member
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Il problema a mio avviso resta sempre lo stesso, e non stiamo parlando di tasse...
Considerata la pessima fama che hanno i Bitcoin nel nostro paese, nel caso di monetizzazioni consistenti certamente dovrai prendere in considerazione la possibilità che qualcuno ti ponga la domanda: dove hai preso tutti questi bitcoin? Ed è qui che sorgerà il vero problema. Come dicevo prima : le tasse le paghi e ti metti a posto, ma mettersi a posto con l’antiriciclaggio non è così agevole se non hai tutti i giustificativi delle operazioni che hai fatto per ottenere i bitcoin


Cosa intendi per cifre importanti? Se parli dei 15/20k annui , non dovresti avere alcuna noia. I controlli, giusti, ci sono (o in linea teorica dovrebbero esserci) per cifre con oltre 5 zeri . A questo punto ci sono due tipologie di controlli: antiriciclaggio e fiscale. Dei due il primo è quello più serio, perchè riveste carattere penale e oggettivamente in questo caso se non riesci a dimostrare la provenienza dei bitcoin che hai monetizzato e magari hai avuto in passato, anche solo per chat  o per email contatti con personaggi "borderline" , allora rischi davvero brutte grane. Il controllo fiscale , benche possa sfociare anch'esso in situazioni che coinvolgono il penale, è sempre più gestibile (paghi il dovuto, paghi la sanzione e amen) , a meno i bitcoin non siano frutto di attività di evasione o elusione e a quel punto sei di nuovo nei casini.
Ad ogni modo se hai tanti bitcoin e non sai dove metterli , puoi sempre iniziare ad elargire donazioni al primo che passa  Grin Grin Grin Grin

ma è impossibile dimostrare la provenienza dei bitcoin guadagnati in passato, alcuni sono stati generati con instamining da shitcoin che poi sono morte e lo stesso vale per gli exchange dove sono state vendute quelle shitcoin

al massimo dimostri la provenienza degli euro incassati questo ha gia più senso

Sei nella posizione ideale allora.
Puoi non dichiararli mai senza avere timore che vengano a stanarti, magri potrai farli rientrare in fiat pian piano, oppure provare a fare il "botto" usando le mille soluzioni che sicuramente saranno disponibili per chi ha un certo numero di Bitcoin (ricordati ch solo i poveracci pagano le tasse).
Oppure , alla peggio, potrai farli rientrare in banca con un ballo "scudo fiscale", che sicuramente stanno studiando per provare a mettere le mani su almeno una parte dei tuoi averi.

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Cosa intendi per cifre importanti? Se parli dei 15/20k annui , non dovresti avere alcuna noia. I controlli, giusti, ci sono (o in linea teorica dovrebbero esserci) per cifre con oltre 5 zeri . A questo punto ci sono due tipologie di controlli: antiriciclaggio e fiscale. Dei due il primo è quello più serio, perchè riveste carattere penale e oggettivamente in questo caso se non riesci a dimostrare la provenienza dei bitcoin che hai monetizzato e magari hai avuto in passato, anche solo per chat  o per email contatti con personaggi "borderline" , allora rischi davvero brutte grane. Il controllo fiscale , benche possa sfociare anch'esso in situazioni che coinvolgono il penale, è sempre più gestibile (paghi il dovuto, paghi la sanzione e amen) , a meno i bitcoin non siano frutto di attività di evasione o elusione e a quel punto sei di nuovo nei casini.
Ad ogni modo se hai tanti bitcoin e non sai dove metterli , puoi sempre iniziare ad elargire donazioni al primo che passa  Grin Grin Grin Grin

ma è impossibile dimostrare la provenienza dei bitcoin guadagnati in passato, alcuni sono stati generati con instamining da shitcoin che poi sono morte e lo stesso vale per gli exchange dove sono state vendute quelle shitcoin

al massimo dimostri la provenienza degli euro incassati questo ha gia più senso

Sei nella posizione ideale allora.
Puoi non dichiararli mai senza avere timore che vengano a stanarti, magri potrai farli rientrare in fiat pian piano, oppure provare a fare il "botto" usando le mille soluzioni che sicuramente saranno disponibili per chi ha un certo numero di Bitcoin (ricordati ch solo i poveracci pagano le tasse).
Oppure , alla peggio, potrai farli rientrare in banca con un ballo "scudo fiscale", che sicuramente stanno studiando per provare a mettere le mani su almeno una parte dei tuoi averi.
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Cosa intendi per cifre importanti? Se parli dei 15/20k annui , non dovresti avere alcuna noia. I controlli, giusti, ci sono (o in linea teorica dovrebbero esserci) per cifre con oltre 5 zeri . A questo punto ci sono due tipologie di controlli: antiriciclaggio e fiscale. Dei due il primo è quello più serio, perchè riveste carattere penale e oggettivamente in questo caso se non riesci a dimostrare la provenienza dei bitcoin che hai monetizzato e magari hai avuto in passato, anche solo per chat  o per email contatti con personaggi "borderline" , allora rischi davvero brutte grane. Il controllo fiscale , benche possa sfociare anch'esso in situazioni che coinvolgono il penale, è sempre più gestibile (paghi il dovuto, paghi la sanzione e amen) , a meno i bitcoin non siano frutto di attività di evasione o elusione e a quel punto sei di nuovo nei casini.
Ad ogni modo se hai tanti bitcoin e non sai dove metterli , puoi sempre iniziare ad elargire donazioni al primo che passa  Grin Grin Grin Grin

ma è impossibile dimostrare la provenienza dei bitcoin guadagnati in passato, alcuni sono stati generati con instamining da shitcoin che poi sono morte e lo stesso vale per gli exchange dove sono state vendute quelle shitcoin

al massimo dimostri la provenienza degli euro incassati questo ha gia più senso
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<...>
Tornando al lending con collateral, il borrower riceve delle somme sul suo conto corrente delle quali , in caso di eventuali accertamenti , dovrà dimostrare da dove provengono: dunque inutile dire che si ritorna sempre al discorso iniziale, dove hai preso i bitcoin?

Che c'entrano i bitcoin con il prestito? Io mi ritrovo l'ammontare del prestito. Ho chiesto un prestito ad una "finanziaria" e me lo hanno concesso, dietro pagamento di un lauto tasso di interesse. Che poi a fronte di questo vi fossero dei bitcoin, magari è irrilevante per il contratto, e quindi per il fisco, o sbaglio?

Tieni presente che sto facendo "l'avvocato del diavolo", non sto assolutamente perorando questa causa o raccomandandola, visto che mi pare parecchio pericolosa. Sto solo cercando di capire dove sia la fallacia del ragionamento che mi è stato fatto.
 
<...>
Ma esiste un ulteriore problema da non sottovalutare: molte di queste società operano "borderline", in paesi con fiscalità e regolamenti molto diversi rispetto ai nostri. Non mi sorprenderebbe se da qui a qualche anno qualcuna di questa si ritrovasse implicata in operazioni di riciclaggio con conseguenti ripercussioni anche sui borrower che alla fine hanno effettuato operazioni con queste.
Assolutamente d'accordo: nella migliore delle ipotesi si tratta di un' enorme scocciatura.

Infine giusto per implementare il valore della discussione, do per scontate che sappiate tutti come le transazioni tra privati che prevadano corresponisoni in denaro (quindi bitcoin contro euro) , anche per il tramite di canali specializzati (paxful, localbitcoin) siano assolutamente da evitare
<...>

Anche qui, casco dal pero: come mai?


Il quote DOPO il messaggio è inutile, tanto vale non farlo.
Inoltre o quoti la parte rilevante, come ho fatto io, o se devi quotare il messaggio precedente, non lo fare: è ovvio che tu stia rispondendo all'ultimo post.
sr. member
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Allora, il discorso è sempre lo stesso: in linea di massima si deve sempre essere in grado di dimostrare che le somme pervenute su un conto corrente siano di provenienza lecita e non di altra natura.
Tornando al lending con collateral, il borrower riceve delle somme sul suo conto corrente delle quali , in caso di eventuali accertamenti , dovrà dimostrare da dove provengono: dunque inutile dire che si ritorna sempre al discorso iniziale, dove hai preso i bitcoin?

Ma esiste un ulteriore problema da non sottovalutare: molte di queste società operano "borderline", in paesi con fiscalità e regolamenti molto diversi rispetto ai nostri. Non mi sorprenderebbe se da qui a qualche anno qualcuna di questa si ritrovasse implicata in operazioni di riciclaggio con conseguenti ripercussioni anche sui borrower che alla fine hanno effettuato operazioni con queste.

Infine giusto per implementare il valore della discussione, do per scontate che sappiate tutti come le transazioni tra privati che prevadano corresponisoni in denaro (quindi bitcoin contro euro) , anche per il tramite di canali specializzati (paxful, localbitcoin) siano assolutamente da evitare

Morale della favola, se devi monetizzare e se non hai nulla da nascondere non fasciarti la testa ed affidati ad exchange seri (io uso kraken per esempio): sarà più semplice dimostrare la correttezza del tuo operato.



<…>

PS: leggevo in un post che qualcuno consigliava il lendig con default per monetizzare (ossia vado su un sito specializzato , mi faccio un prestito in euro mettendo i miei bitcoin a garanzia e poi non ripago). Non funziona così e il rischio di avere doppi casini è concreto.  Cool

Non mi ricordo se ho postato io l’escamotage in questione, ma sicuramente sono a conoscenza di qualcuno che lo proponeva come soluzione. Sicuramente ho letto di questo sul canale Telegram “Bitcoin Italial. Potresti spiegarmi perché non funzioni? Non che abbia dubbi in proposito, ma vorrei avere un parere circostanziato.

Riguardo alle donazioni, beh, é un metodo piuttosto diffuso, da Antonopoulos in giù.

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<…>

PS: leggevo in un post che qualcuno consigliava il lendig con default per monetizzare (ossia vado su un sito specializzato , mi faccio un prestito in euro mettendo i miei bitcoin a garanzia e poi non ripago). Non funziona così e il rischio di avere doppi casini è concreto.  Cool

Non mi ricordo se ho postato io l’escamotage in questione, ma sicuramente sono a conoscenza di qualcuno che lo proponeva come soluzione. Sicuramente ho letto di questo sul canale Telegram “Bitcoin Italial. Potresti spiegarmi perché non funzioni? Non che abbia dubbi in proposito, ma vorrei avere un parere circostanziato.

Riguardo alle donazioni, beh, é un metodo piuttosto diffuso, da Antonopoulos in giù.
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Grazie della risposta.

Purtroppo non ho cifre così alte, secondo quello che scrivi, da preoccuparmi :-)

Però fatico a comprendere il problema: ho comprato bitcoin via Bitstamp (bonifico in euro da conto X verso di loro)...ora vendo bitcoin via Bitstamp incassando bonifico in euro sullo stesso conto X da loro). Cosa mai dovrei giustificare?! E come potrei/dovrei giustificare eventualmente?

Mi piacerebbe avere feedback sulle effettive esperienze avute ad qualcuno, in particolare modo su Revolut / N26 (che sono gli unici conti correnti che possiedo).

Grazie!

Intanto una premessa, la tassazione sugli eventuali guadagni è al 26%.


Sì parte da delle idee un po' sbagliate, sintetizzando molto:

1.
una operazione di antiriciclaggio può essere segnalata, va segnalata, al di là dell'entità dell'importo.
Altrimenti una grande organizzazione criminale potrebbe usare diversi prestanomi, per lavare € 1.000 cadauna.

2.
le normative antiriciclaggio sono adempimenti di norme europee... alcune di carattere internazionale, o la banca o N26...

3. aver tenuto traccia del bonifico originario e dell'incasso attuale ( a che distanza di tempo ? ) sicuramente aiuta.
Ma non è tutto.

Perché se la criptovaluta è stata tenuta su un exchange ( se non ho capito male ) sarebbe stato come detenere valuta su un conto estero.


Per info in più:

L'art. 35 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 impone ad un'ampia platea di soggetti (cd. "soggetti obbligati") – costituita da intermediari bancari e finanziari, altri operatori finanziari, professionisti nell'esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria, altri operatori non finanziari, prestatori di servizi di gioco, società di gestione accentrata di strumenti finanziari e di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari (puntualmente elencati all'art. 3) – di portare a conoscenza della UIF, mediante l'invio di una segnalazione di operazioni sospette, le operazioni per le quali "sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa". Per gli enti creditizi e finanziari trovano diretta applicazione i regolamenti comunitari in vigore (Regolamento UE n. 267/2012 per l’Iran e Regolamento UE n. 1509/2007 per la Corea del Nord) e il Provvedimento del 27 maggio 2009 della Banca d’Italia, che estendono l’obbligo segnaletico all’ulteriore ipotesi di sospetto di finanziamento di programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa.

Il sospetto può essere desunto da caratteristiche, entità e natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsiasi altra circostanza conosciuta dai segnalanti in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica o dell’attività svolta dai soggetti cui le operazioni sono riferite.

Il sospetto deve fondarsi su una valutazione compiuta di tutti gli elementi delle operazioni – oggettivi e soggettivi – a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell’attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico.

Per agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, il decreto prevede alcuni strumenti operativi: i modelli e gli schemi rappresentativi di comportamenti anomali, elaborati e diffusi dalla UIF (art. 6, comma 7, lett. b) e gli indicatori di anomalia, emanati e aggiornati dalla UIF, previa presentazione al Comitato di Sicurezza Finanziaria (art. 6, comma 4, lett. e).


Link:
https://uif.bancaditalia.it/homepage/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=102#

Grazie per la risposta, ma non capisco cosa c'entra tutto questo.

Al di là del fatto che non vivo in Italia e che non sto reciclando denaro sporco, la mia domanda è semplice: qualcuno ha avuto esperienze di incasso su conti italiani e/o Revolut / N26 avendo guadagnato dalla vendita/acquista di cripto?

Non ho problemi né a pagare le tasse sul guadagno, né ad essere sottoposto al controllo.


I controlli scattano per quali cifre? cosa comportano? quanto tempo richiedono?


Tutto qui.

Non ho esperienze su convertire criptovaluta in valuta.

Se anche non vivi in Italia in linea di principio è uguale,
se abiti nell'Unione Europea è proprio uguale.


Ci credo che tu non abbia capito, non ne ho dubbi.
Se mi domandi i controlli per quali cifre scattano, probabilmente non hai letto quel che ti ho scritto.

Quelli che volevo dirti è che probabilmente non sono riuscito a spiegarmi è che intanto o una banca o Revolut o N26 è perfettamente uguale, perché la normativa è uguale per tutti i soggetti finanziari.

Non c'è un automatismo assoluto nella segnalazione di operazioni sospette, ma c'è un obbligo da parte di un soggetto finanziario ( banche, compagnie di assicurazioni, professionisti, gestori di sale slot e simili, ecc... ) di segnalare operazioni potenzialmente sospette.

A cui, lo ripeto, non c'è un limite di cifra.
Per capire con un esempio, una persone che è ufficialmente studente o disoccupato che movimenta € 3.000... può essere una operazione sospetta di per sé.
Peggio ancora un percettore di reddito di cittadinanza.

Una persona che è sulla massima aliquota IRPEF che ha una dichiarazione dei redditi pesante che movimenta dieci milioni per acquistare un immobile di pregio, fa una operazione che in linea teorica, risulta assolutamente congrua, coerente, verosimile.

La segnalazione arriva alla UIF ( Unità Informazione Finanziaria ) che la può prendere in considerazione... farci nulla... ci può quindi essere un intervento d'autorità o meno.

Poi ci sono banche particolarmente ostili che per normativa interna, per politica aziendale, non fanno operare proprio con exchange.
Dipende poi da che tipo di exchange, indicativamente dove ha la sede legale.
Questo è un altro discorso ancora

In generale, il blocco dei fondi a cui accennavi all'inizio direi che... è una buona premessa per la segnalazione di operazione sospetta.
Si segnalano come operazioni sospette non solo quelle effettivamente concluse, ma anche quelle tentate.


newbie
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Grazie della risposta.

Purtroppo non ho cifre così alte, secondo quello che scrivi, da preoccuparmi :-)

Però fatico a comprendere il problema: ho comprato bitcoin via Bitstamp (bonifico in euro da conto X verso di loro)...ora vendo bitcoin via Bitstamp incassando bonifico in euro sullo stesso conto X da loro). Cosa mai dovrei giustificare?! E come potrei/dovrei giustificare eventualmente?

Mi piacerebbe avere feedback sulle effettive esperienze avute ad qualcuno, in particolare modo su Revolut / N26 (che sono gli unici conti correnti che possiedo).

Grazie!

Intanto una premessa, la tassazione sugli eventuali guadagni è al 26%.


Sì parte da delle idee un po' sbagliate, sintetizzando molto:

1.
una operazione di antiriciclaggio può essere segnalata, va segnalata, al di là dell'entità dell'importo.
Altrimenti una grande organizzazione criminale potrebbe usare diversi prestanomi, per lavare € 1.000 cadauna.

2.
le normative antiriciclaggio sono adempimenti di norme europee... alcune di carattere internazionale, o la banca o N26...

3. aver tenuto traccia del bonifico originario e dell'incasso attuale ( a che distanza di tempo ? ) sicuramente aiuta.
Ma non è tutto.

Perché se la criptovaluta è stata tenuta su un exchange ( se non ho capito male ) sarebbe stato come detenere valuta su un conto estero.


Per info in più:

L'art. 35 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 impone ad un'ampia platea di soggetti (cd. "soggetti obbligati") – costituita da intermediari bancari e finanziari, altri operatori finanziari, professionisti nell'esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria, altri operatori non finanziari, prestatori di servizi di gioco, società di gestione accentrata di strumenti finanziari e di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari (puntualmente elencati all'art. 3) – di portare a conoscenza della UIF, mediante l'invio di una segnalazione di operazioni sospette, le operazioni per le quali "sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa". Per gli enti creditizi e finanziari trovano diretta applicazione i regolamenti comunitari in vigore (Regolamento UE n. 267/2012 per l’Iran e Regolamento UE n. 1509/2007 per la Corea del Nord) e il Provvedimento del 27 maggio 2009 della Banca d’Italia, che estendono l’obbligo segnaletico all’ulteriore ipotesi di sospetto di finanziamento di programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa.

Il sospetto può essere desunto da caratteristiche, entità e natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsiasi altra circostanza conosciuta dai segnalanti in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica o dell’attività svolta dai soggetti cui le operazioni sono riferite.

Il sospetto deve fondarsi su una valutazione compiuta di tutti gli elementi delle operazioni – oggettivi e soggettivi – a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell’attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico.

Per agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, il decreto prevede alcuni strumenti operativi: i modelli e gli schemi rappresentativi di comportamenti anomali, elaborati e diffusi dalla UIF (art. 6, comma 7, lett. b) e gli indicatori di anomalia, emanati e aggiornati dalla UIF, previa presentazione al Comitato di Sicurezza Finanziaria (art. 6, comma 4, lett. e).


Link:
https://uif.bancaditalia.it/homepage/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=102#

Grazie per la risposta, ma non capisco cosa c'entra tutto questo.

Al di là del fatto che non vivo in Italia e che non sto reciclando denaro sporco, la mia domanda è semplice: qualcuno ha avuto esperienze di incasso su conti italiani e/o Revolut / N26 avendo guadagnato dalla vendita/acquista di cripto?

Non ho problemi né a pagare le tasse sul guadagno, né ad essere sottoposto al controllo.


I controlli scattano per quali cifre? cosa comportano? quanto tempo richiedono?


Tutto qui.
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Grazie della risposta.

Purtroppo non ho cifre così alte, secondo quello che scrivi, da preoccuparmi :-)

Però fatico a comprendere il problema: ho comprato bitcoin via Bitstamp (bonifico in euro da conto X verso di loro)...ora vendo bitcoin via Bitstamp incassando bonifico in euro sullo stesso conto X da loro). Cosa mai dovrei giustificare?! E come potrei/dovrei giustificare eventualmente?

Mi piacerebbe avere feedback sulle effettive esperienze avute ad qualcuno, in particolare modo su Revolut / N26 (che sono gli unici conti correnti che possiedo).

Grazie!

Intanto una premessa, la tassazione sugli eventuali guadagni è al 26%.


Sì parte da delle idee un po' sbagliate, sintetizzando molto:

1.
una operazione di antiriciclaggio può essere segnalata, va segnalata, al di là dell'entità dell'importo.
Altrimenti una grande organizzazione criminale potrebbe usare diversi prestanomi, per lavare € 1.000 cadauna.

2.
le normative antiriciclaggio sono adempimenti di norme europee... alcune di carattere internazionale, o la banca o N26...

3. aver tenuto traccia del bonifico originario e dell'incasso attuale ( a che distanza di tempo ? ) sicuramente aiuta.
Ma non è tutto.

Perché se la criptovaluta è stata tenuta su un exchange ( se non ho capito male ) sarebbe stato come detenere valuta su un conto estero.


Per info in più:

L'art. 35 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 impone ad un'ampia platea di soggetti (cd. "soggetti obbligati") – costituita da intermediari bancari e finanziari, altri operatori finanziari, professionisti nell'esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria, altri operatori non finanziari, prestatori di servizi di gioco, società di gestione accentrata di strumenti finanziari e di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari (puntualmente elencati all'art. 3) – di portare a conoscenza della UIF, mediante l'invio di una segnalazione di operazioni sospette, le operazioni per le quali "sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa". Per gli enti creditizi e finanziari trovano diretta applicazione i regolamenti comunitari in vigore (Regolamento UE n. 267/2012 per l’Iran e Regolamento UE n. 1509/2007 per la Corea del Nord) e il Provvedimento del 27 maggio 2009 della Banca d’Italia, che estendono l’obbligo segnaletico all’ulteriore ipotesi di sospetto di finanziamento di programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa.

Il sospetto può essere desunto da caratteristiche, entità e natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsiasi altra circostanza conosciuta dai segnalanti in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica o dell’attività svolta dai soggetti cui le operazioni sono riferite.

Il sospetto deve fondarsi su una valutazione compiuta di tutti gli elementi delle operazioni – oggettivi e soggettivi – a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell’attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico.

Per agevolare l'individuazione delle operazioni sospette, il decreto prevede alcuni strumenti operativi: i modelli e gli schemi rappresentativi di comportamenti anomali, elaborati e diffusi dalla UIF (art. 6, comma 7, lett. b) e gli indicatori di anomalia, emanati e aggiornati dalla UIF, previa presentazione al Comitato di Sicurezza Finanziaria (art. 6, comma 4, lett. e).


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