Quindi la decentralizzazione, che già ora è a rischio a livello di mining, sarà a rischio anche per quanto riguarda i full node, in quanto con il passare del tempo sarà sempre più difficile entrare da zero e ricostruire dal primo blocco tutta la storia di tutte le transazioni senza fidarsi di nessuno.
Penso proprio che su questo punto prima o poi si dovrà intervenire con qualche cambio di protocollo che inevitabilmente centralizzerà ulteriormente la blockchain, decidendo arbitrariamente per esempio che il punto di partenza comune non è più il famoso blocco "The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks" di cui ricorrono oggi i 10 anni, ma sarà invece una fotografia del database degli utxo a un dato istante, fotografia che verrà periodicamente aggiornata.
Sono d'accordo sul principio di base che la decentralizzazione richieda una blockchain mantenuta il più possibile "snella".
E che questo debba essere un obiettivo prioritario nello sviluppo di Bitcoin.
Ma credo che questo obiettivo è alla portata della innovazione tecnologica che sta avvenendo e che avverrà.
Gia oggi un "prune node" è in grado svolgere quasi tutte le funzioni di un full node (compresa la validazione delle nuove transazioni e il controllo sulle regole dei blocchi), mantenendo live sul proprio hard-disk solo il database degli UTXOs e gli header dei blocchi
LN è stato creato apposta per evitare che ogni microtransazione finisca nella blockchain e, alla luce dei primi straordinari risultati raggiunti in così poco tempo è destinato ad avere un enorme successo. Se la sua diffusione proseguirà ai ritmi attuali genererà dei ricavi, per quanto minimi, a chi esegue un full node come ulteriore stimolo diretto alla decentralizzazione.
Le schnorr signatures, che se tutto va bene dovranno vedere la luce entro fine anno, permetteranno di ridurre la dimensione media di una transazione (e la bandwidth necessaria per il broadcasting) del 25% circa.
Poi esistono le sidechain (di cui Mimblewimble potrebbe essere una implementazione)
E chissà cosa altro verrà inventato.
Tutto dipende dal numero di (reali) utenti attivi che arriveranno in futuro. Soggetti che avranno un enorme interesse economico a difendere la decentralizzazione della rete, senza la quale bitcoin varrebbe zero o quasi. E quindi compensi sempre maggiori per gli sviluppatori per trovare soluzioni utili al raggiungimento di questo scopo.
Sul punto 3) aggiungo che in presenza di una crisi della moneta soft come accade in Venezuela ogni altra moneta soft più decente tipo il dollaro andrebbe bene, basti pensare anche alla stable coin, quindi il fatto che in Venezuela si comprino ultimamente più bitcoin è un indice più dello stato di gravità in cui versa il sistema monetario venezuelano che della bontà di bitcoin come moneta della crisi. Se dai da mangiare un piatto a uno che sta morendo di fame il suo apprezzamento del piatto non è un buon indicatore della bontà della cucina.
Le fiat straniere per entrare in un Paese in crisi devono superare le maglie della censura governativa, sotto forma di controlli dei capitali e restrizioni al circuito bancario. Le stablecoin richiedono un doppio atto di fiducia incondizionata (il primo nei confronti del Governo che emette la valuta fiat sottostante, il secondo nei confronti del soggetto che garantisce la parità di valore della stable coin). Le stablecoin sono la forma di moneta meno "trustless" che esista. Richiedono atti di fiducia nei confronti di aziende o persone a popoli che di solito non sono più disposti a darne.
Per ora bitcoin non è ancora moneta in Venezuela. Lo sta cominciando a diventare insieme ad altre altcoin (Dash su tutte) che si stanno lentamente diffondendo nel paese. Finora gli straordinari volumi di acquisto di bitcoin da parte dei venezuelani sono una conseguenza dell'uso di btc come mezzo speculativo di protezione del potere di acquisto e non (ancora) come mezzo di pagamento. Nel 2018 bitcoin si è rivalutato del 600.000% circa nei confronti del bolivar. In valuta locale e in termini nominali, i venezuelani fanno e hanno fatto profitti mostruosi comprando e rivendendo btc anche nell'arco di pochi giorni o ore.
Mi domando invece
quale possa essere la vera domanda di contante elettronico alla luce del problema della sicurezza personale (vedi
https://bitcointalksearch.org/topic/sicurezza-oltre-gli-aspetti-tecnici-2107660).
Di solito si usa dire che il contante (almeno in grosse quantità) non è sicuro, infatti nessuno va a ritirare lo stipendio in contanti; se io ricevessi lo stipendio in bitcoin invece sarebbe proprio come se li ricevessi in contanti poichè la chiave per spenderli sta solo nella mia testa, e le chiavi private sono titoli di credito al portatore.
Secondo me al momento questo fatto è largamente sottovalutato per 2 ordini di motivi:
1) dal momento che bitcoin è immateriale/digitale, questo fatto
sembra a prima vista conferirgli la sicurezza contro i furti che hanno i conti correnti delle monete fiat ma questo non è vero: bitcoin (forse) può assicurarmi contro il rischio inflazione e il rischio che il governo mi sequestri i soldi ma mi lascia molto più indifeso contro gli attacchi personali
2) bitcoin è talmente poco diffuso che nessuno sa che io possiedo bitcoin, quindi in questo risiede soprattutto la mia attuale sicurezza: ma se domani per assurdo l'80% della popolazione avesse bitcoin al posto delle fiat, sarebbe come se ogni persona che vedo per strada (o che posso andare a minacciare a casa sua) girasse con un portafogli pieno di contanti, ciascuno sarebbe enormemente esposto al pericolo di furto e le rapine sarebbero oltremodo incentivate.
Quindi la domanda finale è: ma c'è davvero tutta questa domanda di contanti nel mondo? Il rischio di furto da parte dello Stato è così superiore al rischio di incolumità personale? Perchè io preferisco di gran lunga il primo al secondo.
L'alternativa è che si continui a utilizzare bitcoin rinunciando però alla massima "essere la banca di se stessi", distribuendo il rischio (e inevitabilmente il controllo delle chiavi quindi) anche a altre persone di propria fiducia.
Le persone ricche e note sono sottoposte a rischi di aggressioni criminali per lo più indipendentemente dalle modalità di conservazione della loro ricchezza.
Penso a forme estreme come ricatti, sequestri di persona di congiunti, violenze personali.
Nei Paesi dove la criminalità organizzata contro i pochi benestanti è molto più diffusa che nel nostro, le persone ricche sono abituate a girare con scorta armata e guardie private a tutela della loro incolumità, da molto prima che arrivassero i bitcoin.
Se si tratta di ripartire il rischio tra più soggetti, già oggi bitcoin permette soluzioni tecniche per ridurre i rischi a riguardo. Penso ad esempio ai multisig address dove è necessario il consenso di più soggetti per spostare i fondi. Anche con forme di ripartizione più articolate come il 3 di 6 (6 chiavi private sono associate ad 1 address e serve la firma di almeno 3 soggetti per spostare i fondi) che è ad es ormai lo standard nella gestione dei cold wallet degli exchange . Un criminale dovrebbe prima individuare i possessori delle chiavi private (operazione non semplice se alcuni detentori fossero persone fidate ma insospettabili). Successivamente dovrebbe estorcere (tramite sequestro? tortura?) almeno 3 soggetti per poter rubare i fondi. Non proprio semplicissimo.