Secondo me il fatto che l'italia non possa fallire non è tanto legata al too big too fail né alla fiducia nelle banche (leggi: nelle loro dimensioni). Se così fosse non si spiegherebbero precedenti noti - seppur non italiani - come il fallimento di Lehman B.
Penso invece che questa convinzione sulla tenuta dell'Italia sia legata al fatto che sappiamo più o meno tutti che nelle banche italiane ci sono risparmi pari circa al doppio del debito pubblico. Ovviamente sono degli italiani, non dello stato, ma in caso di necessità lo stato farebbe in fretta a diventare "proprietario" di una bella fetta di questi risparmi..... non per niente stanno spingendo da anni per obbligarci a mettere in banca tutto ciò che abbiamo, no ? una volta lì lo stato con una leggina può averne controllo immediato.
Ricordiamoci di quel che fece Amato nel 92: su scala molto minore - certo - ma il meccanismo potrebbe essere identico.
Queste cose l'uomo della strada non le pensa (non per sminuire l'uomo della strada, intendo solo dire che non è nella quotidianeità dei pensieri di molti) ma è un fatto ben noto a chi sta ancora comperando il nostro debito: fondi, altri stati, istituzionali......
Questi attori sanno che in caso di necessità l'Italia non potrebbe fallire: ci manderebbero qui la troika o qualche suo pezzo e ci farebbero fare quel che ci sarebbe da fare per sistemare i conti.
Un altro piccolo esempio a supporto: ricordiamoci che fino a 1 mese fa Salvini e Savona (lo dico a-politicamente) facevano la voce grossa con l'UE e dicevano che se ne sarebbero fregati di una eventuale procedura di infrazione. Adesso invece che evidentemente hanno capito cosa questa possa comportare hanno cambiato radicalmente toni: soprattutto Savona! qualche giorno fa si leggeva di sue possibili dimissione programmate per gennaio.....
In parte questo è vero ed è indubbio che il debito italiano è potuto crescere in questo modo perchè il risparmio privato ha sempre fatto da garanzia al debito pubblico. Ma è una garanzia teorica più che pratica. E' indubitabile infatti che un'azione di prelievo forzoso dai conti correnti avrebbe effetti devastanti sul sistema economico e finanziario, simili a quelli di un default. Per essere efficace dovrebbe essere di somme sostanziose e questo, inevitabilmente, darebbe origine ad una ondata di panico tra i correntisti con assalti agli sportelli delle banche. Le quali banche, non avendo liquidità sufficiente ai prelievi richiesti, dovrebbero chiudere le porte ai loro clienti. Ci sarebbe un tracollo di borsa di tutti i titoli bancari ed una fuga di capitali esteri. La perdita di credibilità e la riprova di essere alla "canna del gas" data dall'adozione di una misura così drastica, probabilmente avrebbero effetti più negativi sul nostro debito (in termini di rendimenti da pagare sugli interessi) di quelli positivi dati dalle somme prelevate.
L'austerità sarebbe un'altra strada. In pratica è una strada già seguita, anche se in modo annacquato, con il governo Monti, un governo tecnico messo lì dall'Europa per adottare misure drastiche a riduzione del debito e contro lo spread in modo da salvare il sistema bancario, che viene danneggiato dallo spread peggio che da una rapina. Ma il governo Monti è stato il più odiato dagli italiani e gli effetti delle sue politiche così impopolari hanno portato al governo un'alleanza che è la sua antitesi e che si oppone all'Europa e all'euro. Se un semplice governo Monti ha messo al governo l'alleanza politica più sovranista, populista e antieuropea della storia della repubblica, un commissariamento da parte della troika del governo italiano (con l'introduzione palese di provvedimenti draconiani a danno degli italiani per abbattere il debito, )darebbe origine ad una rivolta contro le istituzioni europea, barricate per le strade, caos, rivoluzione. Quello che è successo in Grecia sarebbe solo una scaramuccia in confronto. Probabilmente l'uscita dell'Italia dall'euro e quindi la fine dell'euro.
Il problema del debito pubblico italiano è che negli anni è diventata una matassa talmente intricata che non è possibile adottare un provvedimento in favore di qualcuno senza danneggiare qualcun altro. Il debitore è lo Stato ma i creditori principali sono le banche italiane, le banche europee (soprattutto francesi e tedesche) e la BCE. Se viene introdotto un provvedimento troppo a favore del debitore (come un taglio degli interessi, una rinegoziazione..) vengono danneggiati i creditori. E visto che i creditori non se la passano meglio del debitore (anzi), non si possono adottare misure di questo tipo. E quindi diventa una situazione dove si deve prendere una serie di provvedimenti "chirurgici", fatti con il misurino, che non risolvono nulla ma spostano il problema in avanti allo scopo soprattutto di far vivere i mercati nell'illusione che le cose si possono sistemare e che l'Italia è un grande paese, che non ha mai fatto default, che abbiamo realizzato avanzi primari più della Germania negli ultimi anni (e vorrei vedere..) ...etc...
La strada che è stata adottata finora, l'unica che all'apparenza non danneggia nessuno è stata quella del QE: stampare denaro per comprare titoli del debito pubblico. E' una misura che viene incontro al debitore (perchè abbassa i rendimenti dei titoli, quindi lo stato risparmia sugli interessi), avvantaggia i creditori (perchè mantiene più alti del normale i prezzi e quindi sostiene i loro stati patrimoniali) e non danneggia gli italiani (perchè non viene toccato il loro risparmio né vengono aumentate le imposte). In realtà il risparmio verrebbe toccato indirettamente tramite un aumento dell'inflazione che è una diretta conseguenza nel lungo periodo dell'aumento della massa monetaria. Invece l'inflazione non aumenta e quindi le banche centrali si sentono autorizzate a drogare ancora l'economia di liquidità, come mai hanno fatto prima nella storia. Questo aumento abnorme della massa monetaria favorisce la speculazione e crea un divario sempre più marcato tra la parte finanziaria dell'economia e quella reale.
Il mercato dei derivati vale oggi il valore record di 33 volte il PIL mondiale secondo le stime più ottimiste (
https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-12-05/banche-allarme-derivati-valgono-33-volte-pil-mondiale-202803.shtml?uuid=AErENbtG), e sono, nella stragrande maggioranza, usati per creare forme speculative sempre più artificiali e complesse. E’ anche facile prevedere che prima o poi (in USA sta già accadendo) l’inflazione ripartirà, in modo anche drastico ed improvviso dopo decenni di politiche espansive. E allora le banche centrali dei paesi industrializzati si troveranno di fronte ad un dilemma: smettere di creare moneta per sostenere i debiti (in modo da calmierare la crescita dei prezzi) o continuare (creando la strada per ulteriori spinte inflazionistiche). C’è chi crede che queste problematiche verranno risolte in modo composto ed ordinato. C’è chi crede che daranno il via alla più violenta crisi della storia del sistema capitalistico.
Sapete già qual è la mia opinione.
qualcun'altro deve averci pensato.
quando sono apparse le stable coin tipo tether per capirci, mi sono chiesto: ma a che cazzo serve una moneta che garantisce
l'equivalenza col dollaro? che senso ha? uno si compra direttamente i dollari ed e' certo al 100% di avere un'equivalenza col dollaro.
invece poi riflettendo sono arrivato alla conclusione che deve esservi gente che deve
aver problemi a comprare direttamente dollari.... infatti il vantaggio di tether dovrebbe
essere di comprare e vendere una crypto (anche se non e' vero) e contemporaneamente valere sempre (piu' o meno) un dollaro.
credo quindi che ci sia una fetta di mercato che cerca "stabilita' di breve periodo", che pero' per qualche motivo non
puo' o non vuole accedere direttamente ai dollari, e quindi acquista quaste crypto dollaro-like.
quindi seguendo questo ragionamento, le stable-coin sono quelle che contendono a bitcoin
il terreno di moneta della crisi: non hanno le brusche variazioni di bitcoin, e contemporaneamente sono (nel marketing)
una crypto, gestibile quindi nei circuiti delle crypto (exchange e compagnia bella)
Le stablecoin sono nate e oggi unicamente utilizzate in ambito trading perché:
1) favoriscono gli exchange che possono introdurre mercati di scambio tra le crypto e la moneta fiat senza dover sottostare alle lunghe e invadenti pratiche e ai collegamenti con il sistema bancario necessari a poter accettare direttamente moneta fiat sul loro exchange
2)favoriscono i trader per la velocità di arbitraggio tra un exchange e l’altro
3)favoriscono l’anonimato perché è possibile spostare dei cloni del dollaro senza essere tracciati o riconosciuti
Ma che possano diventare delle “monete della crisi” non lo ritengo possibile per due ragioni:
1)Sono legate al valore della valuta fiat. Se il potere di acquisto di quest’ultima crolla, la stablecoin le va dietro
2) (più importante di 1) sono monete centralizzate. Quando acquisto tether o altra stablecoin io sto riponendo fiducia in Tether, Circle, Coinbase o i gemelli Winklevoss che mi garantiscono che, quella serie di bit crittografati, hanno un valore pari a quello di 1 dollaro e, soprattutto, che sono e saranno sempre redimibili dandomi un dollaro in cambio, “al portatore” . Ora capite bene che se compro un dollaro io devo già riporre fiducia in qualcuno (lo Stato) che mi assicura che quel pezzo di carta ha valore. Quando compro queste SC devo riporre fiducia doppia: sia nello Stato che fa da garante del dollaro, sia da Tether che fa da garante della parità fra tether e il dollaro.
E quando acquisto bitcoin? (vedi sotto)
Supponiamo di vedere bitcoin come una sorta di agenzia assicuratrice che ci permetterà di acquistare domani beni e servizi anche in caso di crollo dell'euro. Cosa ci garantisce che quando ne avremo bisogno l'agenzia assicuratrice sarà ancora lì a rispettare il suo impegno? Chi garantisce il garante?
Quando ripongo fiducia in bitcoin, non sto affidandomi a delle persone, a delle istituzioni, alla legge. Sto affidandomi a qualcosa di molto più concreto, materiale. Sto riponendo fiducia nell’avidità umana. Si, avete letto bene, una delle più potenti forze di cui è capace l’essere umano: l’egoistica, capitalistica, brutale ricerca della massimizzazione del profitto.
Mi spiego meglio : Bitcoin (con la B maiuscola), alla fine dei salmi, altro non è che un protocollo, cioè un insieme di regole che definiscono un sistema “monetario”. Queste regole si chiamano regole del consenso distribuito e le conoscete tutti: emissione fissa ogni dieci minuti che si dimezza ogni 4 anni, transazioni non duplicabili, ricompensa a chi risolve per primo un problema matematico verificabile, tetto massimo a 21 milioni e molte altre che non sto qui a elencare.
Ciò che rende bitcoin la prima forma digitale di moneta “sonante” della storia è che queste regole non possono essere arbitrariamente modificate da nessuno. Non c’è cioè un utente dotato di superpoteri, un governo, un capo, un re, un banchiere, un miner, come esiste in tutte le altre forme di monete, che può, a suo insindacabile giudizio, alterare una o più di quelle regole.
Come bitcoin ha dimostrato nella sua breve storia, non è esistito finora nemmeno un cartello, un gruppo (di soggetti di cui sopra), per quanto potenti e influenti, che è stato in grado di manipolarlo, alterarlo, snaturarlo (attenzione: parlo di regole della rete p2p, non di manipolazione del prezzo).
Nemmeno gli Stati o la finanza tradizionale, che sicuramente avrebbero potuto attaccarlo frontalmente e forse distruggerlo ai suoi albori, lo hanno fatto. E con l’arrivo di bakkt, etf, futures e compagnia bella, è sempre più improbabile che lo facciano in futuro, ammesso che adesso ci riuscirebbero anche volendo.
Questa “immutabilita” è il principale requisito che la gente cerca quando le crisi divampano e la fiducia crolla. In quei momenti c’è bisogno di moneta sonante, di baratto, di qualcosa di finito e concreto. C’è bisogno di riporre fiducia nelle cose, non nelle persone. I bitcoin sono la versione digitale di tutte queste caratteristiche.
Ma da che cosa è garantita l’immutabilità di bitcoin? Facile: dalla decentralizzazione. Non hanno un capo, non hanno un leader, il loro creatore è scomparso, sono governati da migliaia di nodi che, per definizione, non si fidano l’uno dell’altro, verificano tutto, e ubbidiscono solo a quelle regole.
Per modificare una sola di quelle regole c’è bisogno praticamente del consenso di tutti.
Più saranno numerosi i nodi, più sarà complesso modificare la struttura della rete.
Quindi tanto più bitcoin sarà decentralizzato, tanto più sarà immutabile. E finche sarà immutabile , sarà la più avanzata e tecnologica forma di moneta “sonante” esistente sulla terra, e questo gli conferirà valore.
Perché per come è progettato bitcoin, tutti i soggetti coinvolti, ragionando da “homo-economicus”, avranno la convenienza a che le cose restino come sono.
Più utenti utilizzeranno bitcoin come hard-money, più quelli utenti, che posseggono btc, saranno invogliati a eseguire un full-node, perché in questo modo renderanno la rete più decentralizzata e, indirettamente, ne aumenteranno il valore, aumentando così anche il valore del token che posseggono.
I miner, che vengono remunerati in btc, avranno l’interesse a proteggere l’inviolabilità della rete e a seguire i nodi nella loro difesa delle leggi del consenso. Perché anche i miner sono ben consapevoli che i loro profitti aumentano nel lungo periodo quanto più la rete è decentralizzata e quindi sicura e immutabile.
L’unica volta che hanno provato ad agire per fini “politici” (e non di massimizzazione del profitto) e hanno tentato di prendere il controllo di bitcoin, è finita malissimo: bcash è un fallimento su tutta la linea, doveva diventare il vero btc, in realtà è una shitcoin supercentralizzata diventata terreno di scontro tra fazioni per il suo controllo.
La sua utilità è stata solo quella di dimostrare al mondo che i minatori esistono solo per evitare il double-spending, ma non hanno nessun potere di decisione o controllo.
Visto che vengono remunerati con la ricompensa di blocco e che questa si riduce nel tempo, i minatori potrebbero in futuro avere interesse ad es. ad aumentare l’offerta, a forzare la mano affinche i btc invece che 21 mil diventino, che so, 42 milioni.
In un ottica di breve periodo la loro convenienza sarebbe quella di agire in questo modo.
Ma, inevitabilmente, gli utenti e i nodi si opporrebbero.
Non solo perché l’aumento dell’offerta renderebbe meno rari (e quindi meno preziosi) i btc che hanno, ma perché il danno in termini di perdita di fiducia che verrebbe fuori dalla violazione di una regola del consenso per assecondare una “fazione” sarebbe superiore a qualsiasi guadagno in termini di maggior numero di btc in circolazione.
Anche i miner capirebbero che, violando l’immutabilità per tornaconto personale e dando origine ad una guerra civile con i nodi e gli utenti, avrebbero a lungo andare solo da rimetterci, come hanno abbandonato l’anno scorso l’idea iniziale di attaccare bitcoin in termini di hashrate contro il volere dei nodi (e quindi alla fine bcash è diventata un’altcoin e non il “vero” bitcoin).
Discorsi simili si potrebbero fare per gli sviluppatori e le aziende che operano nel settore. Anch’essi avrebbero solo da rimetterci da una perdita di credibilità dovuto alla modifica non consensuale di una regola portante di bitcoin, più di quanto potrebbero guadagnare dalla rimozione di una regola che li danneggia.
L’anno scorso la modifica non consensuale di Segwit2x fu abbandonata dalle principali aziende del settore, promotrici della modifica, proprio perché ne sarebbe derivato uno scontro da cui sarebbe uscita sconfitta solo la credibilità di bitcoin (e quindi i loro profitti), bitcoin che comunque sarebbe rimasto ciò che vogliono nodi e utenti, non certo le aziende del settore. Quindi sarebbe stata una guerra dannosa da cui non potevano uscire vincitori.
La grande invenzione di Satoshi Nakamoto è quella di aver progettato un ecosistema sociale dove, ogni entità, perseguendo il proprio tornaconto personale, alla fine agirà per proteggere lo status quo il più possibile, a difesa dell’ecosistema stesso. La conseguenza di questo meccanismo è che, il token sottostante (cioè la moneta bitcoin) è la forma di “moneta” più difficilmente modificabile o alterabile esistente e lo sarà sempre di più al crescere degli utilizzatori della rete. Questa immutabilità di bitcoin, questa inviolabilità delle sue regole, è il suo più grande valore, il suo maggiore pregio, perché la rende la forma più pura di hard-money esistente. Ed è una caratteristica unica, che nessuna altra forma di moneta ha.
Non hanno queste caratteristiche ovviamente le fiat money, che sono le soft-money per eccellenza, le cui regole cambiano al cambiare di un governatore, di un politico, delle lobby che fanno pressione, delle teorie economiche prevalenti, delle guerre commerciali, delle svalutazioni competitive, delle prospettive economiche.
Non hanno queste caratteristiche le altcoin che non hanno, nemmeno lontanamente, il grado di decentralizzazione di btc e la sua resilienza ai cambiamenti. Le altcoin hanno CEO che le governano, ideatori o creatori che le dirigono o le modificano, fondazioni che le influenzano. Non hanno regole chiare, sacre e inviolabili , come quelle di bitcoin. Ancora oggi non si sa quanti ether mai esisteranno, la ricompensa di blocco viene modificata nell’ambito di riunioni degli sviluppatori, non si sa se sarà POS o POW, né quando. Hanno hashrate ridicoli che potrebbero essere oggetto di attacco in ogni momento. Per non parlare delle truffe rappresentate dalle ICO. Criptovalute che hanno CEO, ma stiamo scherzando?
Nota 1: In tutto questo post non ho mai parlato di prezzo. Il grado di decentralizzazione della rete è il suo valore reale, il prezzo, nel breve, il suo valore speculativo. Ovviamente il fatto che tutti i soggetti coinvolti, abbiano la convenienza che le cose restino come sono, non esclude il fatto che ci siano tanti altri soggetti, non interessati minimamente a possedere e/o proteggere btc, ma solo a sfruttarlo sui mercati per accrescere i loro averi in dollari o yen. E, fintanto che questo ruolo di “valore alternativo” non si sarà manifestato a pieno, esiste sempre il dubbio di quale sarà il ruolo di btc nell’economia di domani, e quindi incertezza sul suo valore, e quindi volatilità di prezzo.
Questo non sposta però la questione di una virgola.
Se btc non avesse qualità e fosse solo speculazione, il suo valore sarebbe già a zero da anni. Non è possibile creare valore dal nulla per così tanto tempo, andando contro ai più forti poteri economici e politici della Terra per giunta.
Quindi la domanda che dobbiamo porci è: se l’essere hard-money è un valore reale (non speculativo) di btc, quanto il mondo ha bisogno di una moneta di questo tipo?
Secondo me tanto, ma dipende ovviamente da quanto le valute fiat andranno in crisi da qui ai prossimi anni.
Dove già lo sono, come in Venezuela e Argentina, bitcoin è già un bene che viene utilizzato e acquistato con scopi e utilizzi diversi dai Paesi che ancora se la passano bene, questo è certo.
Ma è altrettanto certo che il successo di una hard-money (parlo di successo a livello di uso di massa) dipende da quanto e quando le fiat money entreranno in crisi.
Se sarà solo per fare la spesa al supermercato o fare i regali di Natale su Amazon, non vedo la necessità (sempre a livello globale) di utilizzare una moneta con queste caratteristiche. Se fosse solo per quello btc è un'innovazione che avrà un certo successo ma non una rivoluzione destinata a passare alla Storia
E’ altrettanto evidente che se e quando bitcoin diventerà una tecnologia di massa, la sua volatilità finirà per stabilizzarsi perché la maggior parte di quella volatilità dipende oggi da un incerto valore futuro e dalla mancanza di liquidità, aspetti entrambi risolti se e quando questa tecnologia fosse usata da una grande parte della popolazione mondiale.
Nota 2:Immutabilità non significa immobilismo. Non significa assenza di migliorie o innovazione. Il TCP/IP è lo stesso da 40 anni, è un protocollo (come i bitcoin) su cui è stato costruito sopra l’email, il web o internet. Sopra i bitcoin, sfruttando i bitcoin, sarà possibile progettare e creare qualsiasi layer venga in mente alla creatività dell’uomo di oggi e domani. Rsk, LN, Liquid sono solo un piccolo assaggio. E’ sfruttando il protocollo, non alterandolo, che si fa innovazione preservando al tempo stesso le caratteristiche che gli conferiscono valore.