Mi lascia perplesso solo questo punto:
<...>
Praticamente il cliente si assume tutti i costi per l'acquisto delle attrezzature, e anche i costo diretti e indiretti
(costo del progetto che non sara' fatto gratis, manutenzione, raffreddamento, rotture, gestione, amministrativi, controllo, ecc..)
Anche supponendo un costo zero della corrente, resta tuttavia un bel rischio, sopratutto se uno
non e' ben addentro al mondo delle crypto.
Inoltre non capisco perche' una volta che uno ha fatto tutto questo impianto, debba passare da un intermediario
che "compra la potenza di calcolo ai prezzi di mercato" (ma ci fara' un pochino di cresta, come e' normale per qualsiasi attivita',
e non possa collegarsi direttamente alla mining pool che da' i ritorni migliori... o magari si?
Se non si capisce bene dall'articolo provo a spiegarlo meglio.
Il produttore di elettricità è proprietario della mining farm (apparecchiature fisiche). Ovvio che non sappia nulla di come gestire una mining fam. Quindi fa gestire la mining farm ad alps blockchain che quindi fa da "broker" tra il cliente e le varie ming pool che "comprano" la potenza di calcolo. Quindi la revenues di Alps è sia dalla "fees" che applica ai BTC ricevuti dalla mining farm, che dal contratto di gestione della mining farm.
Tutto questo perchè il lavoro del produttore di nergia è quello di "produrre energia" e gestire la centrale idroelettrica. Quello di ALPS è quello di gestire la mining farm. Sono operations in simbiosi, ma ben differenziate.
Questo ha si il vantaggio di "costi supplementari" , ma ovviamente permette al cliente di non interessarsi della parte di mining.
Ovviamente è un rischio quello di investire in questa apparecchiatura, ma è remunerato da un business plan di rientro dell'investimento basato su una miriade di variabili quali prezzo di bitcoin, difficioltà futura, prezzo dell'energia elettrica presso la rete (PUN, in pratica il costo opportunità dell'autoconsumo) etc.
Spero ora sia più chiaro.