Io non sarei così sicuro che BTC sia nato sulla scia dei mutui, sono solo contemporanei ma il problema della creazione del denaro è sentito da molto più tempo quindi, indipendentemente dal problema dei mutui, sarebbe nato ugualmente con un obiettivo MOLTO maggiore ... risolvere il problema della generazione del denaro.
Poi ci si è accorti che si possono fare infinite "cose" e piano piano le stiamo scoprendo, sperimentando e archiviando. Una vera rivoluzione!
Gli speculatori che hanno creato il problema sono gli stessi che si vuole combattere (non tanto loro ma le loro azioni) con BTC.
Credo, e spero, che il loro interessamento non sia mirato all'affossamento del progetto ma più semplicemente alla necessità di guadagnare su ogni cosa. Spero che abbiano capito che il loro nemico numero uno (BTC) non si può combattere in quanto si basa su nozioni ben consolidate (crittografia ecc. ecc.).
Io dico: che ci giochino e ci guadagnino quello che riescono, se BTC è effettivamente quello che ritengo sia ne uscirà indenne, gli attori avranno spillato denari ai loro clienti offrendo un servizio, bene per loro, bene per i clienti. Noi si continua sulla nostra strada.
Se poi gli svuotano il wallet che non vengano a rompere i co***oni.
La finanza che ha creato la crisi dei mutui subprime è conseguenza della espansione monetaria abnorme degli ultimi decenni (che non si è affatto arrestata con la crisi, anzi). La speculazione è entrata sempre di più all'interno dell’ economia mondiale come un virus, rendendo la parte "reale" minoritaria rispetto a quella "virtuale". Oggi il debito mondiale è il 225% del PIL e il mercato dei derivati è 16 volte quello azionario. Un numero crescente di paesi è sottoposto ad iperinflazione.
Aspetto ancora più grave, le grandi lobby finanziarie hanno finito per prendere controllo delle strategie di politica economica, tant’è vero che oggi nessun governo ha di fatto preso provvedimenti normativi concreti per limitare questa crescita speculativa né per porre un freno all’espansione monetaria e all’ aumento di indebitamento pubblico e privato (con la scusa della bassa inflazione, scusa destinata a finire presto).
Nella sua essenza, Bitcoin è l’antitesi di tutto questo. E’ un progetto che fondamentalmente si oppone alla moneta intesa come "paper debt", come carta virtuale dal valore intrinseco uguale a zero, iperstampata al solo scopo di alimentare un sistema che si fa effimero garante di questa altrimenti inutile carta e, al tempo stesso, suo distruttore di valore creato dal nulla.
Quando il mondo finanziario tradizionale, artefice della più grande crisi della storia del capitalismo, ha scoperto questa creatura strana che è concettualmente l'esatto opposto di sè , è passato attraverso vari stadi di valutazione della stessa.
Inizialmente c'è stato il dileggio: la "fake money" dei nerds, i paragoni con i soldi virtuali dei MMORPG o quelli dei giochi da tavolo. Poi, una volta capito che di gioco non si trattava, c’è stata la repulsione, la fase della condanna. Dal balocco per nerds siamo passati alla moneta dei criminali, delle truffe e degli schemi piramidali.
Poi, approfondita leggermente l’analisi c’è stato il terzo stadio: quello della “trasmutazione” ossia del “bitcoin no blockchain si” che assomiglia molto all’originale di metà anni 90 “internet no, reti private si”, quando il neonato Web terrorizzava per apertura, rivoluzione innovativa e assenza di controllo. Si rifiuta il tutto per prenderne un pezzetto, quello tecnologicamente meno interessante e soprattutto meno innovativo (la blockchain), ma anche più facile da domare e da controllare.
In parte ci troviamo ancora in questa terza fase, che piace soprattutto alle banche (centrali e non).
Ma la grande finanza ha anche assistito a qualcosa si completamente nuovo: la creazione di un mercato speculativo parallelo, fatto di siti di scambio più o meno improvvisati, estranei a quello ufficiale “regolamentato”. Mercati sorti dal nulla e capaci di catalizzare centinaia di milioni di dollari di volumi e fatturati. Gli anziani lupi si sono accorti che un gruppetto di lupacchiotti stava rubando loro la cena, con soldi che sfuggivano (e sfuggono) ai canali ufficiali di Wall Street e della finanza in giacca e cravatta.
Inizialmente hanno chiuso un occhio facendo finta di nulla, poi due, al tre si sono incazzati: questa “torta” sta diventando troppo grossa per farsela sfuggire. Quindi è intervenuta “mamma lupa”, sua maestà la SEC (e le varie analoghe strutture in giro per il mondo) che con la eterna sempreverde scusa di “tutelare i risparmiatori” ha cercato di arginare questo mercato speculativo parallelo con allarmi e moniti vari per riportare il grosso dei volumi sotto la sua avida ala protettiva. Ben consapevole che questo balocco delle criptovalute per caratteristiche intrinseche (offerta limitata, facilità di trasferimento, volatilità,programmabilità) può far gola anche a speculatori istituzionali con il gel sui capelli e non solo alle casalinghe giapponesi o ai nerds della west coast.
Ecco quindi che siamo arrivati ai futures CBOE/CME, a Bakkt e forse agli ETF. Già però c’è un però. Come si suol dire tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, un mare fatto di paletti, muri, lacci e lacciuoli. Le istituzioni finanziarie non possono tollerare l’anonimato, dietro al quale potrebbero sfuggire i ricchi ricavi per gli Stati indebitati rappresentati dalla tassazione delle plusvalenze. Gli speculatori impomatati non possono sbattersi con chiavi private e con un bene che è sostanzialmente al portatore, con il rischio di perdere il loro gruzzolo per un backup venuto male o per una pass phrase dimenticata. Wallet e address sono roba da nerds occhialuti, bisogna semplificare, assicurare, garantire, proteggere. In una parola rinchiudere.
Ecco che l’unica soluzione per fare sposare questi due opposti è quella di creare un apposito recinto, un giardino con muri alti e filo spinato tutto intorno, all’interno del quale anche i Gordon Gekko del XXI secolo possono giocare con i bitcoin, ossia con il loro anticristo.
E noi holder, trader o semplici appassionati di bitcoin di vecchia data come dovremmo reagire a tutto questo? E’ davvero la fine per i bitcoin e per le sue qualità? E davvero la fine per una idea di hard money, rara e programmabile, immutabile e incensurabile, inconfiscabile ed occultabile, aperta e senza confini? Direi proprio di no, anzi.
Innanzitutto questo interesse mostra una cosa molto importante e assolutamente non scontata: in tutti e tre i casi (futures, Bakkt e ETF) stiamo parlando di bitcoin e non di altro. L’interesse di Wall Street in questo caso non è per una delle migliaia di cloni o varianti di bitcoin (nemmeno quelle con costosi uffici di marketing tipici di qualche ICO), non è nemmeno per dei “blockchain-token” privati emessi da qualche banca e nemmeno per qualche criptovaluta emessa da uno stato o da un organismo istituzionale con tutti i crismi dell’ufficialità. No, stiamo parlando dell’unico, originale, creato da S. Nakamoto un decennio fa.
I guru della finanza e gli economisti Nobel che per anni ci hanno perculeggiato con le loro definizioni da “soldi del monopoli” a “schema ponzi”, adesso sono li a chiedere nel primo caso (o a commentare nel secondo) che questo nuovo organismo alieno faccia ingresso a spintoni nel loro mondo. Aggiungo: se i bitcoin non valgono nulla perché se ne può creare quanti cloni si vuole (quante volte l’avete sentita questa?), perché Bakkt non si è fatta un Bakktcoin e ha lanciato il trading su quello? Perché non hanno emesso un Wallstreetcoin e fatto divertire i broker rampanti con questo? Era ancora più semplice: potevano farsela nominativa, regolamentata, controllata da un ente di emissione, pulita, elegante, con il bollino della SEC sopra. Come piace a loro insomma. Che cosa hanno i bitcoin che un bakktcoin non potrà mai avere? Sicuri che sia solo il network effect?
Persino un covo di nemici giurati delle qualità di bitcoin, che se potessero pagherebbero oro pur di fare trading su qualcosa di analogo ma non di così incontrollabile, decidono comunque di abbracciarlo sempre di più nel loro mondo. Anche a costo di dover costruire un costoso “ambiente personalizzato” fatto apposta. In altre parole: riconoscimento di un primato e di una unicità di virtù che, credo, aprirà la mente a molti.
E noi holder, trader, appassionati di vecchia data abbiamo rinnegato le nostre origini? Siamo passati da chiedere una moneta decentralizzata e borderless a sperare solo che Bakkt ci porti to the moon?
Non credo. Ne abbiamo viste tante, le montagne russe le conosciamo bene. Il prezzo, inutile negarlo, è il catalizzatore , il primo gancio e il motivo per cui il 99% di noi ne è venuto a conoscenza. Ma il prezzo, chi fa parte di questo mondo da anni lo sa, è la conseguenza non la causa. Alcuni di noi, hodler da almeno 5 anni, forse, se vendessero i loro bitcoin ne avrebbero di che campare senza lavorare per il resto della loro vita. Eppure una vocina nell’ orecchio ci dice di non farlo. Che c’è qualcosa di più. Che in questo momento e in una situazione del genere, avere risparmi in dollari o euro non è probabilmente la migliore scelta, pensando al futuro. Che il resto del mondo deve ancora capire, conoscere, vedere. Che il Venezuela o l’Argentina sono più vicini di quanto un oceano nel mezzo faccia pensare. Che il mondo delle rimesse dei migranti, dell’offshore banking e dei micropagamenti sembrano fatti apposta per una roba del genere. Che presto i commercianti di tutto il mondo si stancheranno di versare miliardi di dollari di commissioni esose ad inutili intermediari, avendo una alternativa. Che il mondo non potrà continuare ad andare avanti con debito che crea altro debito o con pezzi di carta che perdono il 30% del loro potere di acquisto a decennio quando va bene.
In fondo cosa potrà farci Bakkt o un ETF? Aprirà i bitcoin alla speculazione istituzionale, apparentemente non una bella prospettiva. Ma l’apparenza inganna si dice spesso. Prima di tutto, a differenza dei futures queste due forme di investimento corrisponderanno ad una movimentazione del sottostante, ossia dei bitcoin. Quindi spingeranno il prezzo in alto, aumenteranno la pubblicità dei mass media generalisti, favoriranno (bakkt) l’uso dei bitcoin tramite il connubio con Starbucks. Investitori che altrimenti non si sarebbero mai avvicinati a bitcoin, li potranno acquistare,vendere o spendere sia pur indirettamente. Tutto questo, come successo n volte in passato, spingerà il prezzo in alto e poi lo ributterà in basso con minimi superiori ai vecchi massimi, nel consueto stile bitcoin. Tanti di questi investitori si accontenteranno dei loro guadagni e delle loro perdite, e considereranno questa tecnologia solo l’ennesimo gingillo per gamblers, per amanti della botta di adrenalina data da un tavolo verde virtuale. Ma forse qualcuno vorrà anche capire, conoscere. Forse si trasformerà in hodler, utilizzatore o appassionato pure lui. Chissà.
Quel che conta, e che è noto ad ogni conoscitore dei bitcoin e del mercato, è che nel lungo periodo l’influenza della speculazione sul successo o insuccesso di una tecnologia è pari a zero. Ai tempi della bolla dot.com gli speculatori compravano e vendevano a mani basse azioni di Pets.com e di Amazon. Su entrambe piazzavano le loro scommesse. Oggi sappiamo come sono andate le cose. La speculazione non ha decretato né la morte di una né la vita di un'altra. Se i bitcoin diventeranno una tecnologia di massa lo faranno con o senza bakkt. Se moriranno o prospereranno non sarà per colpa di un ETF o grazie ad un ETF.
In ogni caso, per chiudere questo romanzo
, il punto centrale è una altro. Il walled garden che è fatto per proteggere Wall Street dalle qualità dei bitcoin, involontariamente, finirà per proteggere anche i bitcoin da Wall Street. A differenza di quello che accade nel mondo tradizionale, qui le lobby finanziarie non potranno fare le regole e questo quelle lobby lo hanno già capito.
Qui non ci sono politici da corrompere, istituzioni da persuadere, masse da abbindolare. Qui non vige la democrazia rappresentativa. Qui il Potere, con la P maiuscola, è nelle mani di 12.000 pezzi di silicio, uno dei quali è accanto alla tastiera su cui scrivo.
Miners che eseguono il più potente sistema di calcolo decentralizzato della terra. Full nodes che h24 smistano, convalidano, certificano, verificano. Che ubbidiscono solo a regole di consenso scritte in linguaggio macchina all’interno del programma che eseguono.
Fin quando questa rete resterà decentralizzata,diffusa e sufficientemente protetta dal mining, le lobby finanziarie potranno giocare con i token come fossero bambini alla fiera: potranno costruire giardini recintati sopra, sotto, accanto alla rete bitcoin. Potranno guadagnarci miliardi di dollari in commissioni di trading o di custodia. Ben venga, ne saremmo felici.
Ma non potranno mai cambiare le regole del gioco. Qui non ci sono governatori su cui fare pressione per finanziarie un QE o alzare un tasso di interesse. Qui i bitcoin sono 21 milioni, punto. Qui non c’è un politico o un governo a cui chiedere transazioni nominative, blocchi maggiori del limite, offerta più veloce o più lenta.
Provandoci a cambiare quelle regole, otterrebbero lo stesso effetto di Segwit2x o Bcash, renderebbero solo bitcoin più forte e più resiliente. E il virus invece che iniettarlo, finirebbero per riceverlo.