Articolo interessante e senz'altro suggestivo.
Mi permetto un piccolo commento anche se in effetti vado OT.
Tralasciamo volutamente la possibilità che l'informazione sia già oggi ricchezza che qualcuno meglio di altri riesce a trasformare in soldi sonanti (facebook, google, ....), questa sarebbe un'interpretazione marginale di questo articolo e non merita nemmeno commenti.
L'articolo invece suggerisce (o offre spunto per rifletterci) il fatto che l'informazione possa essere l'entità primaria di tutto ciò che ci circonda, la cosa più importante, quella dalla quale tutto deriva:
C'è oggi di nuovo chi suggerisce che l'"informazione" possa essere la sostanza prima del mondo, più fondamentale che non materia, campi o energia.
Non ho la capacità per aggiungere argomenti interessanti a questi spunti (anche se li ho studiati solo che li ho studiati 30 anni fa e quindi su basi ormai superate) ma penso che l'idea sostenuta da Babo sia molto più facile da capire e quindi più concreta (poi non è detto che sia vera, ma l'articolo trae la stessa conclusione a proposito dell'informazione).
Dire che il vero indicatore di ricchezza possa essere l'energia è qualcosa che può valere già oggi, mentre sostenere questa cosa per l'informazione è più difficile da argomentare.
L'energia già oggi è ricchezza: la paghi per usarla, per stockarla, per trasferirla..... e se ognuno di noi ne avesse a disposizione quantità "illimitate" probabilmente la useremmo per fare tante altre cose che oggi non facciamo oppure facciamo in modo molto più faticoso.
Con l'informazione invece oggi non riesci a sostituire altre cose che fai usando altri strumenti, è un mezzo che può consentirti di ottimizzare processi, di conoscere nuove cose, di.... chissà quant'altro, ma non diventa ricchezza di per sé (se non per alcuni pochi che la usano per vendere ad altri cose sulla base di informazione raccolta, appunto). Non stiamo evidentemente parlando dell'informazione cui si riferisce l'articolo, ma proprio questo ci fa allontanare imho dal concetto di ricchezza (che invece citava Babo).
Mi viene poi da fare una seconda considerazione nel confronto tra le due:
l'energia può esistere anche senza informazione
ma l'informazione esisterebbe senza una collegata forma di energia ?
l'articolo secondo me offre un spunto estremamente interessante: anche se usa ripetutamente il termine "informazione", in realtà quello di cui sta discutendo è il concetto più generale di entropia. L'energia da sola non basta a caratterizzare i processi fisici, né tanto meno a descrivere le attività umane e a sviluppare modelli economici. Se ci pensiamo, ogni attività umana che sia tesa a sviluppare qualcosa, cioè a costruire e non a distruggere, comporta la trasformazione di un sistema che evolve dal disordine all'ordine: è così quando dalla malta mescolata in una betoniera, dall'acciaio e dall'argilla che compone i mattoni si realizzano le strutture ordinate che costituiscono un palazzo, o quando sequenze di bit prendono la forma di stringhe ordinate interpretabili come codice e dati da un computer.
Se anche disponessimo di una quantità di energia infinita, avremmo risolto solo metà dell'equazione, poiché la tecnologia per convertire direttamente energia in materia per ora esiste solo nella fantascienza dei replicatori di Star Trek... Il termine mancante sta quindi nella misura della diminuzione di entropia associata ad un certo processo, tanto più marcata quanto più il processo cresce in complessità, ma dalle leggi della termodinamica sappiamo che ad una diminuzione locale di entropia deve necessariamente corrispondere un aumento almeno pari o superiore a livello globale.
E questo non può che farmi pensare all'intuizione straordinaria che l'economista Nicholas Georgescu-Roegen ebbe almeno mezzo secolo fa, portandolo a gettare le basi della bioeconomia, una visione dell'economia per certi versi ancora attuale, nella sua ricerca di un modello ecologicamente e socialmente sostenibile, e talmente avanti da essere snobbata se non palesemente osteggiata all'epoca, oltre che ingiustamente trascurata e dimenticata oggi.
Per farla breve, secondo la teoria ogni processo industriale, dall'estrazione di risorse naturali e materie prime dal suolo e dai giacimenti sotterranei, fino alla produzione di merci consumabili, non comporta solo un consumo irreversibile di energia, che ne riduce progressivamente la disponibilità futura, ma anche una trasformazione altrettanto irreversibile di materia, per cui al termine del processo verrà inevitabilmente dispersa nell'ambiente una quantità di materia degradata non più riutilizzabile ("matter matters, too"). Secondo il principio definito da Georgescu-Roegen come "Quarto principio della termodinamica", la materia che si ottiene come output da un processo potrà quindi essere riutilizzata nel successivo ciclo economico solo in misura molto minore, e con un sempre crescente dispendio di energia. Sia la materia che l'energia, quindi, sono soggette nel corso del processo economico ad un aumento complessivo di entropia che lo rende irreversibile. Questo con buona pace di chi cerca di aggirare il problema della crescita infinita, su cui si basano gli insostenibili modelli economici attualmente in essere, coltivando l'illusione di un'economia circolare a impatto zero, di cui si sente parlare tanto ultimamente ma che appare in quest'ottica come un falso mito, di fatto irrealizzabile.