Lo scopo dell'RW è proprio quello e l'agenzia delle entrate non ne fa mistero. Ti fanno dire cosa hai all'estero per controllare meglio che non sia frutto di attività criminali e per verificare che da quei possedimenti non emergano redditi non dichiarati.
No.
Il monitoraggio fiscale, incarnato nel quadro RW, ha sostituito 30 anni (D.L. 167/90) fa il controllo valutario, di fatto anacronistico per via dell'integrazione UE.
Che poi RW come qualsiasi altro dato (sottolineo
QUALSIASI altro dato) possa essere utilizzato ANCHE a fini antiriciclaggio e antievasione è un'altra cosa e non è lo scopo per cui il monitoraggio fiscale è nato, ovvero tenere sotto controllo i capitali in entrata e in uscita dal paese. Dire che RW nasce o preveda obblighi discendenti da normative antiriciclaggio è semplicemente
falso.
L'obbligo dichiarativo in RW sussiste per coloro i quali " .. detengono investimenti all'estero ovvero attività di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia" (ex D.L. 167/90). Infatti in base alla sentenza Comm. Trib. Veneto 72-2/2018, un c/c estero in euro non erogante interesse non è evidentemente soggetto da riportarsi in RW. Obblighi per il contribuente di dichiarare un cotale conto estero infruttifero a fini antiriciclaggio? Semplicemente
NON esistono. Come non esistono obblighi di dichiarare l'oro, i gioielli e le opere d'arte che si detengono in casa propria o in cassetta di sicurezza, nemmeno a fini antiriciclaggio.
Esistono invece obblighi di segnalazione lato intermediari (es. le banche estere verso lo Stato italiano) che NULLA hanno a che vedere con il quadro RW che ciascun contribuente compila per proprio conto e per altri fini. Questi accordi nascono a livello superiore in base ad accordi internazionali (OCSE), perché ovviamente l'Italia non ha sovranità sulle banche francesi, o quelle tedesche su quelle norvegesi, ecc. ecc.