- Non mi stupirei se il prezzo di carico di un bitcoin minato ovvero di uno non comprato, potrebbe essere zero. Ti ritroveresti quindi a pagare il 26% sul prezzo di bitcoin, e non sul 26% della plusvalenza.
Però mi sembra un discorso molto fine a se stesso e che non riguarda solamente i bitcoin minati ma anche gli early adopters: ipotizziamo che bitcoin arrivi a $200.000, tra un bitcoin minato e uno comprato a $500/$1.000 che differenza ci sarebbe alla fine? Staremmo parlando di pagare il 26% su $199.000 invece di $200.000? A quel punto penso che uno in quella posizione faccia prima a pagare il 26% su tutto piuttosto che diventare scemo a recuperare transazioni bancarie, acquisti, e cose simili fatte magari su exchange che manco esistono più. Correggetemi pure se il discorso non quadra.
E, se devo essere onesto con voi, è proprio quello che mi ha trattenuto dal dichiarare in RW i miei satoshi: in caso di esplosione del prezzo non avrei in practica alcun beneficio dall'aver "fissato un prezzo", ma nel contempo mi sarei "auto-segnalato ". C'è quindi un grande downside.
Cerco di spiegarmi meglio.
L'attuale interpretazione AdE sappiamo che obbligherebbe a dichiarare in RW. Se uno NON lo facesse e poi magari tra due ani facesse cash out con un prezzo molto diverso da quello attuale (es. i 200k che citate) qualcuno potrebbe dire: e questi da dove saltano fuori? con sospetti, una segnalazione, e probabilmente qualche domanda poco piacevole.
Invece dichiarare oggi i 30k in RW consentirebbe tra due anni di poter dire: ma che volete? io è da due anni che li ho e ve l'ho pure dichiarato, non rompete!
Questo sarebbe l'unico vantaggio, e in effetti non sarebbe trascurabile.
Detto questo, data la poca chiarezza attuale mi sento molto vicino alla linea @fillippone.