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A norma dell’art. 4 del d.l. 167/1990, conv. in l. 227/1990, le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR, residenti in Italia, che, nel periodo di imposta detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi; è a questo fine che è stato inserito nel modello Unico il quadro RW (in ordine alle attività detenute all’estero, ordinariamente il contribuente assolve l’Imposta sul Valore degli immobili all’estero - IVIE - e l’imposta sul Valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero – IVAFE-; nel caso delle valute virtuali, come chiarito nelle Risoluzioni dell’Agenzia, l’IVAFE non è dovuta, dal momento che non si tratta di investimenti in depositi bancari ed a tale scopo si richiede la barratura della casella 20, posta in corrispondenza dei righi da RW1 a RW5).
Con l’Interpello nr. 956-39 del 2018 (anteriore alle istruzioni oggetto dell’odierno gravame), l’Agenzia aveva (già) espresso l’orientamento secondo il quale le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW (indicando di inserire nella colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 (“altre attività estere di natura finanziaria”).
Il quadro RW va compilato.
Rimangono aperte diverse questioni:
1) nel momento in cui si comunica di possedere una certa cifra in euro di bitcoin, si solleva immediatamente la questione di dover essere in grado di dimostrare la provenienza di quei soldi (antiriciclaggio): qualunque furfante potrebbe dichiarare di avere 100k euro in bitcoin che non provengono da attività illecite, bisognerebbe quindi essere in grado di documentare come si sono acquistati quei bitcoin.
Ma se sono passati anni (e anni fa non c'era alcuna norma a riguardo) uno potrebbe non avere materialmente le prove di tali acquisti legali.
2) se compro direttamente qualcosa con bitcoin (non cambio in euro), devo lo stesso calcolare le eventuali plusvalenze?
3) se invece di dichiarare nel 2019 uno dichiara nel 2020 o 2021 cambia qualcosa? Ovviamente sempre nel caso non si sia venduto nulla nel frattempo.
Riguardo al quadro RW io sono d'accordo con Capaccioli: l'art. 4 del d.l 167/1990 da te riportato riguarda esclusivamente e palesemente investimenti esteri . Per cui l'AdE può, con un grosso sforzo interpretativo, equiparare le criptovalute ad attività estere se le relative chiavi private hanno sede all'estero,ossia se sono depositate su exchange esteri.
Ma se le cripto sono depositate su un exchange italiano o si trovano in Italia (perchè "risiedono" su un hard-disk che si trova nei confini nazionali), questa equiparazione, ai fini della dichiarazione RW (non della rilevanza fiscale della plusvalenza), non può sussistere perchè è palesemente esclusa dalla legge.
Per cui io continuo a ritenere corretto dichiarare nel quadro RW solo le cripto posseduta all'estero.
Un commercialista e un avvocato che ho sentito a riguardo mi hanno confermato questa tesi.
Poi ti danno sempre anche il consiglio della nonna che che per evitare noie uno fa bene a dichiarare tutto nel quadro RW, ma da un punto di vista giuridico la cosa non sta proprio in piedi.
Riguardo al resto:
1) Le prove di acquisti legali sono un problema se uno ha acquistato fuori da exchange o se ha acquistato su exchange che non esitono più. In quest'ultimo caso potrebbe essere una prova sufficiente copia del bonifico fatto su conto corrente (estero) riconducibile a quell'exchange. Per il resto i principali exc. hanno un notevole storico delle transazioni. Io ho comprato i primi Bitcoin nel 2013 su Bitstamp e Kraken ed ho ritrovato l'anno scorso tutto lo storico delle transazioni fatte, anche se al momento dei primi acquisti non avevo salvato nulla. Anche su Localbitcoins , nonostante sia un DEX e nonostante si possa acquistare in contanti, ho ritrivato sempre traccia delle transazioni avvenute anche a distanza di molti anni. Quindi il problema riguarda chi? Chi ha comprato bitcoin in contanti all'angolo della strada, ma quanti saranno mai?
2)Si. Qualsiasi plusvalenza genera reddito imponibile. Ovviamente resta il limite dei 51k€.
Ad esempio anche una transazione bitcoin-altcoin o altcoin-altcoin genera reddito imponibile, nonostante quella transazione non sia stata convertita in euro. Il commercialista a me ha fatto questo esempio: supponiamo che uno (uno a caso eh ) abbia fatto molte operazioni di scambio bitcoin-dollaro e che queste operazioni abbiano generato un reddito in dollari. E che questo reddito sia stato usato per acquistare bitcoin. In questo caso le plusvalenze fanno reddito imponibile nel momento in cui sono state generate e non nel momento in cui quei bitcoin saranno mai riconvertiti in euro. Sui cambi bitcoin/altcoin o altcoin/altcoin vale la stessa regola.
Tutto questo è una logica conseguenza dell'equiparazione delle cripto alle valute estere. Se un trader su Forex fa operazioni sul cambio dollaro/sterlina, le eventuali plusvalenze generano reddito imponibile anche se a fine anno il trader nel portafoglio non converte quel guadagno in euro.
Questo genera (ritornando al punto 1) un problema di dimostrazione delle plusvalenze sugli exchange cripto-cripto che non esistono più.
Io ad esempio avevo realizzato dei guadagni in bitcoin sui cambi bitcoin-altcoin su Cripsty o Mintpal, exchange ora defunti.Per questi non ho modo di dimostrare nulla, perchè a suo tempo non avevo scaricato nessun report. Resta poi sempre il problema che il report in questione è un file CSV che mi potrei essere scritto stamani.
3)Con "non dichiarare" intendi il possesso ai fini del quadro RW o il reddito generato da plusvalenze? Nel secondo caso ovviamente c'è una sanzione. Ma credo anche nel primo.