Ho pensato che non fosse il caso appesantire troppo con paginate di testo abbastanza off topic, quindi ho abbandonato l'idea.
Fai benissimo a fare così, perché implicitamente difenderai i diritti di altri in situazione simile, i quali per scelta o per necessità pagheranno più del dovuto per non rischiare.
Esempio parallelo:
Moltissimi automobilisti negli anni passati hanno ricevuto multe relative a infrazioni commesse in città in cui non si sono mai recati, per lo meno con la propria auto.
Non pochi fra questi hanno deciso di pagare ugualmente la multa perché:
- non sapevano come si stila un ricorso al prefetto;
- il rischio di vedersi respinto il ricorso esiste sempre;
- in caso di ricorso respinto, bisogna difendersi di persona presso il Giudice di Pace competente territorialmente per il luogo della supposta infrazione);
- i tempi sono stretti: 60 giorni dalla notifica per il prefetto, ecc.
Insomma non sempre il gioco vale la candela, pur essendoci dietro una questione di principio.
Però i pochi che hanno difeso le loro ragioni hanno fatto desistere i Comuni responsabili dall'inviare con leggerezza notifiche per multe inesistenti in giro per l'Italia.
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Come trasportiamo questo esempio pratico nel campo bitcoin/cryptovalute e fiscalità sulle plusvalenze?
Con le tre opzioni (o strategie) consigliate dal difensore tributario Luca Ferrini, ciascuna con il suo proprio grado di "rischio" o "indeterminatezza", in ordine crescente:
- pagare il 26% sull'intera plusvalenza realizzata nel 2017;
- pagare il 26% solo se non si superano i limiti di "non finalità speculativa" (questi limiti non sono ben definiti per assenza di fixing valutario ufficiale), come suggerito dalla Ris. AdE 72/E sett. 2016;
- non pagare nulla e attendere che sia lo Stato a fare il primo passo.
L'ultima soluzione è la soluzione più "eroica": non adatta a chi non può o non vuole rischiare un accertamento fiscale,
oppure non può o non vuole difendere le proprie ragioni in un giudizio in Commissione Tributaria che non si è mai sicuri al 100% di vincere.
Non capisco perchè cerchi sempre di enfatizzare le cose....mi riferisco alla opzione tre definita da te "eroica".
Ripeto: parlando così rischi veramente di spaventare chi legge questo topic e che non è ferrato in materia fiscale e che ha investito veramente pochi spiccioli sulle criptovalute.
Io sinceramente aspetto che sia lo stato a decidere cosa fare.
In primis perchè è inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta: stiamo a preoccuparci di cosa? di tasse che forse verranno applicate in futuro su una cosa a oggi manco inquadrata dall'Agenzia delle Entrate?
In secundis io ho fatto tutto alla luce del sole: ho acquistato bitcoin con bonifici bancari su exchange, li ho utilizzati per acquistare diverse altcoin su exchange ed infine le ho riconvertite in bitcoin e vendute, con bonifico bancario, sul mio conto corrente bancario.
Quindi quando decideranno di tassare, se la cosa è retroattiva (ho i miei dubbi), mi diranno cosa dovrò fare: il 26% sul controvalore delle mie criptovalute? Ok te lo pago, senza problemi e senza pensare a terrorismo fiscale, accertamenti fiscali, ecc.
Abbiamo due modi diversi di vedere il problema tassazione: tu dai per scontato che bisogna dichiarare (SU UNA COSA CHE NON é, A OGGI, INQUADRATA DALL'AdE) sulla base di interpretazioni fumose (correggetemi se sbaglio ma neanche i commercialisti ed esperti in materia a oggi hanno dato una risposta chiara ed univoca su cosa dichiarare), io penso che bisogna aspettare che esca una legge apposita.
Ovvio è il mio punto di vista!