aspetta, aspetta... restiamo pure sulla linea del punto 1), cioè diamo pure per assodata l'equivalenza tra bitcoin e valute estere, ok ma non basta: bisogna vedere dove sono detenute quelle valute. Se ho dollari in banconote e li tengo a casa in un cassetto, mica li devo dichiarare nel quadro RW, no? Se ho un conto multicurrency su una banca italiana, ad es. su Fineco, mica i comparti in valute estere vanno nel quadro RW. Sono valute estere, ma non sono detenute all'estero in questi casi. Esattamente come i bitcoin che stanno in un CW.
L'Agenzia delle Entrate non ha mai fatto alcuna distinzione: ha detto che i btc posseduti vanno dichiarati nel quadro RW, punto. Ha anche creato un codice ad hoc (4 mi pare) che non corrisponde ad alcuna Nazione estera e che va usato, appunto, in caso di dichiarazione di cripto. Se il monitoraggio avesse riguardato solo i capitali tenuti presso intermediari esteri in teoria sarebbe stato possibile per il dichiarante risalire al Paese d'origine, non serviva un codice apposta "ageografico".
Il TAR del Lazio (Sentenza 1077/2020) ha respinto un ricorso promosso da alcune aziende contro l'obbligo di monitoraggio nel quadro RW, sposando l'interpretazione dell'AdE e anche qui senza fare alcuna distinzione tra wallet personali e wallet "esteri"
Sia l'Agenzia che il TAR ne fanno una questione di principio in merito all'anti riciclaggio: è vero che se ho dei dollari in un cassetto di casa non devo metterli nell'RW, ma per i contanti esistono norme che ne limitano e confinano le quantità possedibili e spendibili, cosa che non esiste per un wallet privato. Posso avere anche miliardi in btc in una chiavetta usb a casa, senza violare alcuna legge.
Se ne facciamo una questione tecnica, l'interpretazione dell'AdE fa acqua da tutte le parti, non solo per i wallet privati ma anche per quelli esteri. Un exchange estero possiede la private key associata ai miei bitcoin che è cosa MOLTO DIVERSA da dire che i miei bitcoin sono depositati all'estero (come direbbe invece la norma sulle valute estere, scritta trent'anni prima che btc fosse inventato).
I bitcoin sono immateriali e non sono depositati da nessuna parte, la chiave privata è solo un codice che mi permette di spenderli.
Se seguiamo questa interpretazione della legge, del tutto corretta da un punto di vista logico e tecnico, nessuna btc andrebbe dichiarato nel quadro RW indipendentemente dal luogo in cui risiede la chiave privata.
Ma se un domani dichiarassi una plusvalenza milionaria su bitcoin mai messi prima nel quadro RW, è inevitabile che l'Agenzia avrebbe qualcosa da ridire e farebbe accertamenti. Dubito che sarebbe sufficiente difendersi dicendo: ma erano in un cassetto, non su un exchange estero. Si aprirebbe inevitabilmente un contenzioso.
E allora torniamo al post precedente: chi ha voglia, tempo e pazienza di sostenere un contenzioso può fregarsene di cosa dice l'AdE (ripeto, con validi argomenti per poter avere ragione). Gli altri seguono il punto 1 del post precedente.
Mia opinione.