un default è sempre un default
Fino ad un certo punto. Ogni default è una storia a sé. Ad esempio il default americano sotto Nixon è passato sostanzialmente inosservato. Tant'è vero che non hanno imparato la lezione.
inapplicabile il confronto con gli USA dei primi anni '70: la prima potenza mondiale e di fatto padrona incontrastata del mondo occidentale. Potevano permettersi di fare quello che volevano, come appunto cancellare gli accordi di Bretton Woods, e gli altri avrebbero semplicemente dovuto accettare e adeguarsi.
Come direbbe mio nonno buonanima: "Quod licet Iovi, non licet bovi"
prima fra tutte la difficoltà di accesso al credito.
Che difficoltà vuoi che abbia un Veneto indipendente?! Inoltre l'accesso al credito non deve essere la prima preoccupazione. La crescita deve basarsi sul risparmio, e non sul deficit, altrimenti si ricrea una nuova piccola Italia. Si impari dalla Svizzera, invece.
Se fallisce lo Stato, falliscono le banche (che sono infarcite di titoli di Stato) e non c'è bail-in o fondo di garanzia che tenga.
Altro aspetto estremamente positivo.
Sul fatto che indebitarsi sia pericoloso e quasi sempre sbagliato (se non in maniera controllata e per una frazione molto limitata del proprio patrimonio) con me sfondi una porta aperta, l'unica cosa su cui siamo totalmente in disaccordo è sulla via d'uscita dalla spirale del debito. È contraddittorio parlare di risparmio e poi invocare il default, per il semplice motivo che il default cancellerebbe qualunque risparmio accumulato in precedenza: crollerebbe il valore della ricchezza delle famiglie, compresi il mercato immobiliare, i fondi previdenziali, ecc. Persino chi era stato così avveduto da spostare la propria ricchezza all'estero sarebbe colpito da qualche patrimoniale, parte della cura lacrime e sangue che inevitabilmente seguirebbe. In pratica, a parte pochi privilegiati, la maggior parte della popolazione perderebbe tutto finendo in rovina. Io non ho alcuna intenzione di lasciar mettere le mani su quanto ho messo da parte in anni di duro lavoro e di risparmio, e i responsabili di un tale
crimine dovrebbero pagare in maniera esemplare, sarebbe da rispolverare la ghigliottina.
e cosa gli vai a spiegare poi a 60 milioni di Italiani, che avrebbero dovuto tenere tutti i risparmi in cripto perché non dovevano fidarsi delle banche e dello Stato?
Certo. È da anni che lo dico. Ma anche l'oro può andare benone.
E che fine ha fatto il vecchio mantra di non investire più di quanto non si sia disposti a perdere? Noi che frequentiamo questo forum da diversi anni possiamo avere le nostre convinzioni, ma come lo spieghi alla casalinga di Voghera che i suoi risparmi sono più al sicuro in un asset che poco meno di un anno fa valeva quasi 20.000$ e oggi ha perso 2/3 del valore? Idem per l'oro, che rispetto all'ultimo picco di 6 anni fa ha perso oltre il 30%.
L'unico modo per contenere il rischio è la diversificazione: investire tutto in un'unica categoria di asset è semplicemente folle.
il tessuto imprenditoriale del Nord-Est è costituito in prevalenza da piccole e medie imprese e artigiani, i più esposti a condizioni avverse dei mercati
In realtà è una struttura sociale estremamente resiliente: è stato un massacro (e di questo bisogna ringraziare lo stato italiano), ma non sono (ancora) morti.
la concorrenza agguerrita di giganti come quelli asiatici, senza una grande industria
Se si pensa di battere gli asiatici con la grande industria si perde prima di iniziare.
Ho usato impropriamente il termine industria, ma non intendevo la manifattura, grande imprenditoria più che altro
Già oggi in Europa, quando vanno prese le decisioni importanti, l'Italia conta come il due di picche, se dovessimo frammentarci in staterelli di medioevale memoria e in competizione fra loro, dubito che la nostra rilevanza su scala globale possa migliorare.
Anche qui IMHO ti sbagli di grosso. La migliore Italia è stata finora quella rinascimentale, con tutti i suoi staterelli. Anche mantenendo la struttura UE attuale (cosa che non mi auguro) un Veneto indipendente vanterebbe molti più rappresentanti suoi di quelli attualmente presenti.
L'Italia dei 3-4 secoli precedenti le Guerre d'Indipendenza è sempre stata terreno di facili conquiste da parte delle grandi potenze continentali dell'epoca (Francia, Spagna, Austria), proprio per la sua debolezza dovuta alla frammentazione e alle rivalità locali. Persino la Serenissima, che ha prosperato per secoli grazie alla sua potenza commerciale, alla fine non ha potuto resistere all'impeto delle campagne napoleoniche.
Visto che citi spesso la Svizzera, io la vedo proprio come il modello di Confederazione da estendere a livello europeo. Il Veneto, come altre regioni o macro-regioni italiane, potrebbe benissimo diventare un cantone con un suo parlamento locale, in un contesto confederato che garantisca ad esempio una difesa comune europea, pur rispettando le differenze culturali ed economiche dei singoli cantoni. Del resto un abitante del Ticino o dei Grigioni è molto diverso da uno di Zurigo, eppure questo non impedisce loro di sentirsi tutti Svizzeri.
Se continuiamo divisi e in perenne competizione gli uni contro gli altri, il nostro peso politico (già adesso non particolarmente rilevante a livello internazionale) si ridurrà a zero, e finiremo per essere cannibalizzati da qualche vera grande potenza.
In ogni caso considero la bancarotta italica assolutamente inevitabile. Meglio avvicinarla il più possibile: il botto sarà sempre più grande man mano che passano gli anni, e l'economia reale sempre più compromessa. Oggi si può pensare di riprendersi (se si riparte da zero e nel modo giusto); i fondamentali ci sono. Tra 20 anni ho grossi dubbi.
Come già detto, non si può semplicemente ripartire dopo che è stato azzerato il risparmio che dovrebbe alimentare la ripartenza. Le aziende hanno bisogno di finanziarsi e l'apporto di capitali necessari, se non è più disponibile una fonte domestica, può solo arrivare da investitori esteri che si fregerebbero le mani per l'opportunità di fare shopping a prezzo di saldo, e prendere il controllo degli asset e delle imprese nazionali più strategiche.
Prima o poi si renderà necessaria qualche forma di ristrutturazione con i meccanismi già discussi. Ma c'è da augurarsi che sia più soft possibile e soprattutto seguita da una classe politica responsabile che non ripeta gli stessi errori del passato.